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Alla ricerca dei mattoni della psiche (opera in progress di G.Contessa)
Non possiamo non essere figli. Non possiamo non essere fratelli in umanità
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Psicoma del soggetto plurale
Mandala ed immagini archetipe

Mandala è una parola sanscrita che significa "cerchio", più specificatamente " cerchio magico ". Un tipico mandala è costituito da un centro dal quale partono, spesso in rigorosa simmetria quaternaria, le più svariate ed originali figure, il tutto racchiuso all'interno di un cerchio. Utilizzati a scopo meditativo tra le religioni orientali, vengono rappresentati su stoffe dipinte, come immagini religiose, in forme tridimensionali, utilizzando sabbia colorata o mucchietti di riso.

Ma mirabili esempi di mandala cristiani si trovano già nel primo Medioevo, mostrando perlopiù Cristo nel centro ed i quattro evangelisti o i loro simboli ai quattro punti cardinali. Inoltre possiamo osservare figure mandaliche nei rosoni delle nostre chiese, nei labirinti, nelle piazze, nelle forme dei templi, come pure in alcuni siti etruschi e romani. Anche la natura attorno a noi spesso si presenta sotto forme mandaliche: nella frutta, nelle pietre, nei fiori, tra gli alberi, su nel cielo. Non vi è al mondo altro disegno simbolico così universale come il cerchio; esiste da sempre, compare in tempi diversi e in ogni cultura visto che il più antico mandala sin qui conosciuto è una "ruota solare" paleolitica scoperta nell'Africa del sud.

Non avendo né inizio né fine, riconducendo sempre a se stesso, nel corso dei secoli il cerchio è divenuto simbolo di unità, di assoluto e di perfezione. Il movimento circolare, inoltre, risulta essere un movimento perfetto, immutabile, senza variazione. E' per questo motivo che il cerchio rappresenta anche il cielo, anch'esso dal movimento circolare e inalterabile, ed espressione del mondo celeste e spirituale, in antitesi rispetto al mondo terreno e materiale, più vicino alle caratteristiche del quadrato. Il cerchio, quindi, come l’equivalente di Dio e del cielo, il quadrato dell'uomo e della terra.

Archetipi e immagini archetipiche

Per comprendere appieno come sia possibile che alcuni elementi appaiano così universalmente, è indispensabile addentrarci nel cuore della psicologia di Carl Gustav Jung. Nel corso della sua esperienza personale e clinica, lo psicologo svizzero costatò come alcuni contenuti e prodotti simbolici fossero presenti in tutti gli uomini al di là della diversa cultura, deducendone che dovevano necessariamente appartenere alla struttura fisica e mentale stessa dell'individuo. Tra questi, il mandala occupava un posto centrale, poiché appariva spontaneamente sia nei sogni che nei disegni delle persone. E’ interessante osservare come anche Ernest Jones, allievo e biografo di S. Freud, nel 1916 esprimesse considerazioni analoghe: " Uno dei fattori più sorprendenti del simbolismo è la straordinaria presenza degli stessi simboli, che si trovano in una data classe e a un dato livello di civiltà, ma anche tra razze diverse e in diverse epoche della storia mondiale."

Secondo Jung ciò è spiegabile poiché, oltre ai contenuti dell'inconscio personale, vi sono tutta una serie di rappresentazioni che non avrebbero mai potuto derivare da esperienze personali bensì da sorgenti e strati mentali molto più arcaici, l’origine dei quali si può trovare soltanto nei nostri antenati primitivi e nelle esperienze della razza. Sorgenti e strati mentali arcaici che costituiscono l’inconscio collettivo. Ecco quello che dice Jung al riguardo: “Ho scelto questo termine ‘collettivo’, perché questa parte dell’inconscio non è individuale, ma universale; in contrasto con la psiche personale, ha contenuti e forme di comportamento che sono più o meno gli stessi da per tutto e in tutti gli individui ”. L’inconscio collettivo, comune all'umanità intera, è retto da archetipi, intesi come funzioni inconsce innate presenti in tutti gli uomini le quali, modellando gli stimoli esterni, danno luogo ad immagini (immagini archetipiche) dotate di forza e di significato specifici. In altre parole l'archetipo è la disposizione inconscia a produrre rappresentazioni simboliche. Secondo Jung “ [ l’inconscio collettivo ] è il deposito di esperienze ataviche compiute da innumerevoli milioni di anni […] Queste immagini primordiali sono i pensieri più antichi, universali e profondi dell’umanità”. A questo punto una precisazione è d’obbligo: Jung non sostiene che queste idee e immagini siano trasmesse come tali, ma che lo siano le loro potenzialità. L’autore, infatti, distingue tra “archetipo”, che è la potenzialità psichica universale ed innata, e l’“immagine archetipica” che invece designa tutte quelle immagini che hanno caratteristiche soggettive e che variano da persona a persona.

Il cerchio ed il quattro come totalità

Trovandoci di fronte a contenuti archetipici, la presenza del cerchio nella vita dell'universo è stata notata da tempo immemorabile e l'uomo non ha potuto fare a meno di sfruttare tale scoperta per le proprie necessità simboliche, mitologiche e religiose. Le origini del mondo, ad esempio, sembrano assimilabili alle regole di assoluto e completezza tipiche della figura. In Africa, nel Pacifico meridionale, in India, in America, e persino nella cultura occidentale classica, il cerchio è posto all'inizio di tutte le cose. Nella mitologia egiziana, il cerchio è simbolo del cosmo e, nello stesso tempo, espressione del mito della creazione. In occidente, la cosmogonia platonica ha inizio da " una sfera che ruota circolarmente, unica e solitaria, ma a motivo della sua perfezione, capace di essere compagna e se stessa senza bisogno di amicizia o vicinanza alcuna ". In un mito indiano, si narra che il dio Brahma creò il mondo seduto su un enorme loto (l’equivalente della nostra rosa) e volgendo gli occhi ai quattro punti della circonferenza. Spostandoci tra i nativi americani, secondo il capo degli indiani Dakota Alce Nero (Hehaka Sapa), tutto ciò che lo spirito primo, il Potere del mondo, compie “ lo compie in un circolo. Il cielo è rotondo e ho sentito dire che la terra è rotonda come una palla e così sono le stelle. Gli uccelli fanno i loro nidi circolari, perché la loro religione è la stessa nostra. Il sole sorge e tramonta sempre in un circolo. La luna fa lo stesso e tutt'e due sono rotondi. Persino le stagioni formano un grande circolo, nel loro mutamento, e sempre ritornano al punto di prima.” Ecco perché "le nostre tende erano rotonde, come i nidi degli uccelli, e inoltre erano sempre disposte in circolo, il cerchio della nazione, un nido di molti nidi, dove il grande spirito voleva che noi covassimo i nostri piccoli". Nella tradizione islamica, infine, la forma circolare è da sempre considerata come la più perfetta di tutte: " Raccolto in se stesso, senza inizio né fine, il cerchio è il segno dell'Assoluto". All’interno della Mecca, infatti, il cubo della Kaaba è situato in uno spazio circolare bianco circondato da colonne. Nell’angolo sud-est della Kaaba è posta la “Pietra Nera”, a sua volta incastonata in una montatura circolare d’argento.

In quanto forma avvolgente, quasi un circuito chiuso, il cerchio è inoltre simbolo di protezione e per questo usato come cordone di difesa intorno alle città o per impedire ai nemici e ai demoni di penetrarvi. Nell'ambito delle pratiche magiche, infatti, il cerchio è considerato simbolo di protezione contro gli spiriti maligni mentre numerosi sono i miti che vedono eroi tracciare un cerchio intorno al loro corpo prima di iniziare a combattere. Nel mondo celtico, ad esempio, Cuchullain predisponeva attorno a se un cerchio di legno appositamente iscritto per allontanare o sconfiggere i nemici. Tra gli indiani Navaho la persona da curare veniva collocata al centro del cerchio disegnato sul terreno mentre in occidente l'idea del centro e del cerchio protettivo si ritrova in numerose danze popolari oltre che nel girotondo dei bambini. La funzione protettiva del cerchio può essere inoltre notata dall’uso che l’uomo ha sempre fatto di anelli, braccialetti, collane, cinture o corone.

Oltre ad essere disegnati, i mandala vengono anche vissuti: nella civiltà cinese il cerchio rappresenta il Tao, “la via”; in India, a scopo meditativo, esiste la danza del mandala, mentre nei riti vudù l'invocazione degli spiriti trova inizio col tracciare in terra il cerchio sacro. Anche lo stato di estasi mistica si manifesta con un moto circolare: gli esquimesi incidono un cerchio nella pietra con movimenti ripetitivi e sempre uguali per indurre lo stato di trance mentre la danza mistica (Semà) dei Dervisci Rotanti è il rituale intrapreso dai monaci musulmani per sentirsi parte del cerchio sacro che riproduce il cielo.

Accanto alla figura geometrica del cerchio, l’archetipo della completezza e dell’assoluto viene soventemente rappresentato da un numero, il quattro, ed una struttura, quella quaternaria. Essa è la premessa logica per ogni giudizio di totalità; se si vuole ad esempio designare l'intero orizzonte, si nominano i quattro punti cardinali, ci sono sempre quattro elementi, quattro qualità primitive, quattro caste in India, quattro vie a significare lo sviluppo spirituale del buddismo e inoltre quattro sono gli aspetti psicologici dell'orientamento psichico (pensiero, sentimento, sensazione, intuizione). "La quaternità come unità" è inoltre lo schema per tutte le immagini di Dio, come dimostrano le visioni di Ezechiele, Daniele, Enoch, nonché la raffigurazione di Horus con i suoi quattro figli. Esiste inoltre una evidente concordanza tra i mandala e l’alchimia, giacché il circolo e il vaso ermetico, il vaso della trasformazione, sono il medesimo, e la sua usuale struttura quaternaria coincide con la quaterna degli elementi alchemici. Da quanto sin qui scritto, si comprende meglio come molto spesso i mandala contengano una quaternità o un multiplo di quattro nella forma di croce, stella, quadrato o ottagono, poiché, in definitiva, la completezza ideale è il rotondo, il cerchio, ma la sua minima divisione naturale è la quaternità.

Il mandala, simbolo del sè

Jung iniziò ad occuparsi di mandala quando, dopo i Septem Sermones, nel 1916 cominciò a disegnarne alcuni, osservando come tutte le strade seguite, tutti i passi intrapresi, riportavano sempre ad un solo punto, nel mezzo, nel centro, cioè all’individuazione:" Ogni mattina schizzavo in un taccuino un piccolo mandala di segno circolare, un mandala che sembrava corrispondere alla mia condizione intima di quel periodo [...] Solo un po' per volta scoprii che cosa e' veramente il mandala [...] il Sé, la personalità nella sua interezza". Ad un livello psicologico, quindi, il mandala diviene una delle più importanti rappresentazioni archetipiche delle totalità psichica, il Sé, vale a dire l'idea dell’esistenza di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all'interno dell'anima, al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte d'energia. Tale energia si manifesta in una spinta inconscia a divenire ciò che si è, permettendo in tal modo l’armoniosa assimilazione di elementi inconsci con quelli consci, della luce con la propria ombra, dell’integrazione delle componenti psicologiche femminili presenti nell’uomo (anima) e di quelle maschili presenti nella donna (animus).

Ma il cerchio, la quaternità ed i mandala, pur essendo i simboli della totalità psichica, sono in ultima istanza, una imago dei, vale a dire simboli divini, poiché non è possibile distinguere il Sé e Dio: “ Il mandala lo si ritrova in tutto il mondo ed esprime o la divinità o il Sé. Psicologicamente i due termini sono strettamente collegati; il che non significa che io creda che Dio è il Sé o che il Sé sia Dio. Affermo semplicemente che tra di essi esiste una relazione psicologica. “ (Jung)

Come agiscono

Oltre a segnare le varie tappe del processo evolutivo di individuazione, figure mandaliche possono apparire spontaneamente durante i periodi di tensione psichica per portare o indicare la possibilità di un ordine interiore: "Di regola il mandala appare negli stati di disorientamento o dissociazione psichica, per esempio nei bambini di età compresa fra gli otto e gli undici anni, i cui genitori siano in crisi o negli adulti che, in seguito all'insorgere di una nevrosi e al suo trattamento, si siano confrontati con il problema degli opposti nella natura umana e ne siano rimasti disorientati. O ancora negli schizofrenici, la cui visione del mondo si sia alterata e confusa per l'irruzione di contenuti inconsci incomprensibili” (Jung).

Un concetto simile è altresì espresso dalla più fedele ed originale collaboratrice dello psicologo svizzero, Marie-Louise von Franz: " Se lo sviluppo della coscienza è turbato nel suo svolgimento, i fanciulli davanti alle difficoltà intime o esterne, si ritirano in una loro fortezza privata: e, quando ciò capita, i loro sogni, e i disegni del materiale inconscio rivelano, in misura insolita, il ricorrere di un motivo di tipo circolare ". Così come il recinto, la circumambulatio degli alchimisti, il labirinto delle prove iniziatiche esprimono un'idea di circolazione e di movimento, anche il girare intorno a noi stessi e intorno al centro del proprio essere consente un coinvolgimento maggiore di tutti gli aspetti della nostra personalità. In tal modo, quindi, il mandala non è solo un'affascinante forma espressiva ma, agendo a ritroso, esercita anche un'azione sull'autore del disegno perché in questo simbolo si nasconde un antico effetto magico e numinoso: l'immagine ha lo scopo di tracciare un magico solco intorno al centro ( sulcus primegenius ), un recinto sacro ( temenos ) della personalità più intima, un cerchio protettivo che evita la "dispersione" e tiene lontane le preoccupazioni provocate dall'esterno. Ma c'è di più; oltre ad operare al fine di restaurare un ordinamento precedentemente in vigore, un mandala persegue anche la finalità creativa di dare espressione e forma a qualche cosa che tuttora non esiste, a qualcosa di nuovo e di unico. Il secondo aspetto è ancora più importante del primo ma non lo contraddice poiché, nella maggior parte dei casi, ciò che vale a restaurare il vecchio ordine, comporta simultaneamente qualche nuovo elemento creativo. Oltre a gli aspetti su citati, altrettanto importante è l’uso e il significato dei colori. Come scrive Magda di Renzo, i colori stimolano associazioni, producono effetti psichici, evocano esperienze primordiali, esprimono situazioni e stati d’animo attraverso una dimensione simbolica, esplicitano le caratteristiche di una cultura e rimandano all’universo archetipico. I colori, quindi, vengono considerati come forze irradianti, energie che agiscono su noi in modo positivo o negativo, indipendentemente dal fatto che ne siamo consapevoli o meno. Dal centro del mandala, che ne rappresenta l'essenza, fluiscono le articolazioni successive verso l'esterno, in un gioco di colori e sfumature sempre diverse, che sono l'espressione della personalità di chi lo dipinge. Oltre alla fondamentale interpretazione simbolica dei vari colori utilizzati, da tenere in debita considerazione risulta la loro disposizione, la loro gradazione (nuance) e l’eventuale esistenza di un colore predominante. Di converso, la scarsa colorazione può essere un significativo indice di “freddezza” e “impoverimento” emotivo. Oltre ad una sorta di “fotografia” della condizione psichica, come nel sogno anche nelle colorazioni dei mandala la funzione principale è quella compensatoria: l’inconscio, in pratica, produrrebbe simboli diretti alla compensazione dell’unilateralità delle tendenze dell’Io, in modo da integrare sempre più i contenuti consci con quelli inconsci, per giungere in tal modo ad un migliore equilibrio psichico.