![]() |
In margine al Laboratorio di
Voghera
|
Cari Guido, Margherita e Vito, * mi è spiaciuto che siamo partiti di fretta domenica pomeriggio
dopo il nostro t group comune, senza poterne discutere un poco il
risultato ed il finale. la formazione dei gruppi in un formato "laboratorio" cioè con gruppi interagenti e simulanti una organizzazione, presenta diverse soluzioni oscillanti tra due polarità: quella della sudivisione autoritaria da parte dello staff e quella della soluzione demagogica dell'autoripartizione da parte dei partecipanti. ne abiamo discusso in moltre occasioni senza arrivare a molti chiarimenti. come interfaccia micro-macro, o come raèpporto tra caso e necessità, ma non abbiamo avuto tempo per scambiarci le idee in proposito. abbiamo ridotto il problema se fare la divisione a tavolino come staff oppure se lasciare i raggruppamenti ai partecipanti o ad altre più o meno spontanee modalità. Il problema si pone sempre all'inizio di ogni laboratorio con più di due gruppi. occorrerebbe analizzare la cosa più attentamente per arrivare ad una gamma di possibilità con pregi e difetti specifici. Il funzionamento dello staff. Il ruolo del trainer nella plenaria. Ho scritto queste righe a ruota libera: fate come volete, ma mi
farebbe piacere di ricevere una vostra breve risposta grazie per
la bella cosa fatta assieme.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Il t-group è stata per me una bella esperienza per il fatto di averci riuniti. Tuttavia mi sembra evidente che le nostre scelte sono state influenzate dai piccoli problemi che offuscano i nostri rapporti. Ho accettato cose che in altra situazione non avrei neppure preso in esame, e mi assumo la responsabilità di averlo fatto. Anche se mi do due spiegazioni. La prima è che essendo in alleanza con Margherita, temevo di cadere nella trappola di far valere il dislivello di potere in partenza. La seconda è che considerarti mio maestro mi porta a compiacere, entro certi limiti, le tue richieste. Esiste poi un terzo fattore problematico che riguarda il committente. Di solito, se non sono io il committente, ne esiste uno che esprime delle richieste. In questo caso il comittente era muto. Ma entriamo partitamente nelle questioni di sostanza che poni. 1- Formazione gruppi. 2- Lo staff è stato centrato sui gruppi perchè
in un modello con solo 2 unità di plenaria ed una di intergruppo,
i gruppi sono il focus centrale. Il fatto e' che questa esperienza
è nata come t-group ed è stata forzosamente "colorata"
come un Lab. Dovevamo abolire le plenarie e fare solo 2/3 intergruppi,
come rinforzo dell'esperienza gruppale; oppure fare un "vero"
Lab con unità alternate di gruppo, intergruppo e plenaria.
Solo che il Lab andava bene per i partecipanti + esperti, che erano
solo una metà. 3- La conduzione delle plenarie all'ARIPS è regolata
in modo semplice. Ogni trainer coordina una unità nel
senso di aprire e chiudere. Tutti i trainers sono liberi di intervenire
ma si autoregolano facendo al massimo un intervento a testa e sulla
scia del coordinatore. Il coordinatore della plenaria è il
regolatore del tempo, perche' è possibile che gli orologi
siano sfasati. Lo staff si muove solo quando si muove il coordinatore.
Ovviamente questo è facile perchè i seniores ARIPS
conducono insieme Labs da oltre 15 anni. 4- La backhome di gruppo si fa quando il focus è il piccolo gruppo (come qui). Si fa in plenaria quando la "comunità" ha ricevuto un peso uguale o maggiore del gruppo (ma non era questo il caso). 5- Circa la "nostra" capacità di condurre grandi gruppi, non saprei. ARIPS ha condotto negli anni + di 30 Laboratori di dinamiche di gruppo e comunità (con dai 30 ai 120 partecipanti), dove la plenaria aveva uguale peso del piccolo gruppo, se non maggiore. Attualmente stiamo studiando il modo di fare seminari attivi e autocentrati SOLO in plenaria, cioè rompendo il vincolo 1-15. E' vero che per condurre 4 t-group in linea non occorre tanto lavoro di integrazione fra i trainers quanto ne occorre per condurre un Lab.....e forse noi non avevamo abbastanza tempo, o abbastanza voglia per farlo. Tutto ciò non incrina il giudizio iniziale di "piacere" per avere re-incontrato due persone che hanno avuto grande importanza nella mia vita professionale. Con affetto, Guido +++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
innanzi tutto vi voglio dire che sono contenta dell’esperienza fatta e in particolare di avere avuto l’onore di condividerla con voi. Altrettanto mi fa piacere questo tuo scritto, Enzo, così come rispondere. Condivido con Enzo l’impressione di una buona
comunicazione fra noi anche se non del tutto aperta: non credo
di essere l’unica che si è censurata, benché ad un livello sopportabile.
Poiché scrivere rende le cose per me più facili, cercherò di essere
ora più esplicita. Formazione dei gruppi: non ero né sono convinta che si trattasse di un “laboratorio” ed a posteriori, non mi pare che le cose abbiano funzionato così. Trovo che la cosiddetta “suddivisione autoritaria” cioè decisa dallo staff, sarebbe stata la soluzione migliore perché avrebbe evitato almeno le incompatibilità dello staff nei confronti dei partecipanti. Parlo soprattutto degli osservatori, a cui non è stato consentito scegliere, una volta costituiti i gruppi. A loro non abbiamo pensato: grave svista secondo me, sia nostra di conduttori, sia del committente (Flavio), sia degli stessi osservatori che non ci hanno “ricordato” la loro situazione, non so se per distrazione a loro volta, per riguardo nei ns. confronti, per “stile della casa”! Inoltre se anche avesse deciso lo staff c’erano diverse varianti da considerare e differenti soluzioni fra cui scegliere. Sono convinta che il criterio della massima eterogeneità
sia il migliore in contesti simili a quello di Adolescere. D’altra
parte mi sembrerebbe importante collegare la procedura di costituzione
dei gruppi al resto del seminario in modo che poi la cosa diventi
evidente anche ai partecipanti e funzionale al loro apprendimento.
E in qs caso, anche alla luce di ciò che è avvenuto, mi pare che
non ci fosse un legame. Il funzionamento dello staff: fin dall’inizio sono stati poco chiari la sua composizione (questione Flavio), i ruoli all’interno (il coordinatore), i compiti da svolgere, salvo quelli di prima necessità, i tempi di lavoro, le modalità decisorie. Lo definirei uno spazio piacevole ma “random”. Nella mia modesta esperienza personale non mi è mai capitato di concludere uno staff per colpa di un albergatore, né di andarmene senza aver predisposto ciò che serviva, né di avere osservatori così pieni di iniziativa da fare da soli qualcosa (il cartellone con gli orari, ecc.) senza che lo staff gli desse specifico mandato e senza che almeno un conduttore controllasse l’operato. Come del resto non mi è mai capitato di sentire che un osservatore partecipava al gioco del gruppo così come ha fatto Paola, o che osservatori e conduttori (anche!) scrivessero in gruppo. Per parlare dei fatti più eclatanti. Diciamo che è stato istruttivo: ho capito che
personalmente ho superato problemi di potere, di gelosia e invidia
e che quindi sono professionalmente cresciuta; ho capito cosa differenzia
ARIPS da altri gruppi formativi; ho capito che la qualità non va
imposta a chi non la chiede o non la desidera. Il ruolo del trainer nella plenaria. Devo dire che il mio primo intervento in una plenaria (all’inizio della mia carriera) è stato la conseguenza di un’impostazione opposta rispetto a quella di Voghera: basata sulla fiducia e se mai sulla sfida, piuttosto che sul controllo. A mio parere in qs seminario le plenarie non servivano. Comunque andavano preparate meglio e dovevano essere esplicitati alcuni comportamenti. Per es.: tutti si presentano (anche gli osservatori dicono il loro nome; i nomi sono detti dal coordinatore della plenaria, ecc.); ripasso delle regole classiche o dichiarazione di non esistenza di esse; ecc. Comunque permettimi Enzo le seguenti osservazioni sulla “sintassi” che tu usi in qs. brano: 1- “un evidente errore determinato dalla stanchezza e dalla richiesta che avevo fatto a Guido di condurre lui la plenaria, poiché mi sentivo debole e non in forma” significa che staff= Spaltro // che volevi condurre tu anche l’ultima plenaria // che non ti fidavi di Guido // che solo tu capivi le necessità del seminario // che altro?!? 2- “…… mi secca un poco anche dover riconoscere qs errore basato sul fatto che uno solo deve essere il trainer anche nella plenaria” Curioso! Dato che sei tu ad aver inventato per l’occasione qs regola. Io credo sostanzialmente perché non ti fidavi. O forse per problemi narcisistici che sinceramente non mi spiego a fronte del tuo prestigio in generale e nel contesto specifico. Di solito il conduttore responsabile della PL non impedisce agli altri di intervenire, purchè sulla stessa linea o comunque con interventi non contradditori. Non starò a fare un riassunto delle procedure che, sono sicura, tutti conoscete perfettamente! 3- “penso che
noi siamo abbastanza pronti nella gestione dei piccoli gruppi e
meno in quella dei grandi gruppi”: non sono d’accordo. Credo
sia una questione di opportunità e di occasioni. L’esperienza professionale
fatta in qs anni col lavoro nel pubblico sempre privo di mezzi
ci ha “aguzzato l’ingegno” per trovare soluzioni adeguate anche
dal punto di vista qualitativo. Da anni ormai all’ARIPS studiamo
e pratichiamo i grandi gruppi. Credo che siamo non solo pronti,
ma anche bravi. Certo la condivisione della focalizzazione, delle
strategie di intervento, delle regole ed un alto livello di stima
reciproca sono alla base di questo lavoro. Alle volte è stato piuttosto
costoso arrivare alle decisioni di gruppo pur nel rispetto reciproco
e dando spazio a ciascuno. Ma la ricchezza della conduzione ha offerto
spunti di riflessione agli stessi trainer a volte “toccando” anche
emotivamente. Aggiungerò un’ultima cosa. Anche la plenaria di apertura è stata un casino. Anche per merito mio che ho fatto un mezzo acting-out “nel vuoto” cioè dando per scontate le regole di comportamento cui attenerci. Il tutto è iniziato dalla sera precedente, secondo me per un’altra questione “di pancia” di Enzo relativa alla divisione dei gruppi e alla gestione della PL di apertura. L’idea del gioco x la formazione dei gruppi non era molto gradita ad Enzo che comunque voleva fare a suo modo (dare un’ora ai partecipanti per dividersi in gruppo). D’altra parte io avevo spiegato molto succintamente l’esercizio perché è noto quasi come il “dilemma del prigioniero” e perchè non volevo fare la maestrina con chi ne sa più di me. Così in PL Enzo ha sbagliato i comandi dell’esercizio, che si è concluso in pochi minuti e con un gruppo con solo 6 membri e 3 di 12. Quando, data la situazione e le domande a mezza voce di Enzo, gli ho chiesto di intervenire perché avevo un’idea, Enzo mi ha dato l’OK, ma di nuovo ha fatto un errore, perché si è intromesso nell’esercizio modificando i tempi da me indicati (io avevo detto 30 minuti per l’individuazione del “diverso” e lui ha ridetto “10”). Ovviamente anch’io non sono stata perfetta nel linguaggio! Credo che per entrambe
le questioni sarebbe stato meglio precisare in staff. Credo anche
che qs sia stata la causa delle richieste successive rispetto alla
conduzione della PL. Credo infine che il tutto non sia stato trattato
per evitare il rischio di conflitti. |