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Teorie del conflitto fonte
Periodo storico.

Soprattutto per Marx l'influenza del periodo storico è molto forte, infatti se noi non sapessimo che Marx è vissuto nella seconda metà  dell'800 non potremmo capire innanzitutto perchè ha avuto una forte influenza del pensiero filosofico di Hegel per quanto riguarda la triade e non potremmo neanche capire come mai abbia dato cosų importanza all'economia se non sapessimo che in quel periodo l'economia classica con Ricardo conosceva un fiorire particolare degli studi, in quanto è in questo periodo si va affermando il concetto di utilità  marginale dell'individuo. Marx vive quindi in un contesto, quello della seconda metà  dell'800, caratterizzato da grandi sconvolgimenti sociali nel senso che è il periodo in cui da una società  contadina si passa in maniera massiccia ad una società  industriale. E' il periodo della migrazioni dai latifondi contadini alle società  industrializzate, periodo in cui si afferma, soprattutto negli Stati Uniti ma anche nella Germania ed in Inghilterra dove poi vivrà  Marx, il taylorismo, quindi la concezione della catena di montaggio che fa perdere l'identità  dell'individuo, Marx la chiamerà  l'alienazione dell'individuo, è il periodo in cui si vanno affermando le idee che ogni individuo abbia dei diritti sociali inviolabili (da qui l'importanza che Marx poi darà  all'individuo all'interno della storia) ma è anche il periodo in cui si fanno pių critici, pių visibili le differenze di classe e quindi anche gli scontri di classe. Da qui l'interesse di Marx ed anche di Engels per il conflitto sociale. Marx viene innanzitutto ricordato per la sua concezione materialistica della storia. Lui ed Engels iniziano il manifesto del partito comunista, che è del 1848, sostenendo che la storia di ogni società  fino ad ora esistita è storia di lotta di classe: liberi e schiavi, patrizi e plebei, padroni e servi in una parola oppressi ed oppressori sono sempre stati in contrasto tra di loro. Cioè Marx sostiene che indipendentemente dal periodo storico in cui analizziamo una società  che sia il medioevo, l'età  romana, l'età  greca o che sia l'età  industriale la costante fondamentale della storia è l'opposizione tra due gruppi che lui definisce genericamente oppressi ed oppressori. Qual è la differenza? Gli oppressori hanno il possesso dei mezzi materiali di produzione e per questo motivo detengono la capacità  ed il potere di imporre la propria volontà  agli oppressi i quali non sono altro che proprietari della loro capacità  di lavorare. Per Marx quindi la concezione materialistica della storia in realtà  si riduce nell'esistenza di un conflitto tra chi possiede e chi non possiede i mezzi di produzione. Il conflitto nella società  industriale, secondo Marx, si distingue dai conflitti delle altre società  precedenti per tre caratteristiche fondamentali: innanzitutto per la specificità  degli oppressori. Marx sostiene che la borghesia imprenditrice si distingue tra tutte le altre classi precedenti perchè a differenza di queste è una classe che è in continuo mutamento e che è continuamente aperta alle innovazioni ed alle nuove scoperte scientifiche. Cioè la borghesia non tende a rafforzare o a standardizzare la sua posizione di dominio costruita mantenendo ferme quelle che sono le leggi sociali che regolano la società  o il modo di produzione perchè se intuisce che il cambiamento rafforza la sua posizione dominante, la borghesia è pronta a mutare anche i rapporti sociale e giuridici che legano la società  se cių favorisce il suo guadagno. Per spiegare questa caratteristica Marx per es. fa riferimento alla società  feudale. Nella società  feudale i proprietari terrieri, i nobili, non erano aperti alla innovazione, anzi si scagliavano contro ogni tentativo di cambiare i rapporti sociali sulla base dei quali si basava il loro potere (per es. essi tendevano a rafforzare le alleanze attraverso i matrimoni di convenienza) la borghesia invece non ha questa concezione statica dell' esistenza perchè nel momento in cui capisce che il cambiamento è favorevole alla sua capacità  di aumentare il potere, la borghesia favorisce questo cambiamento da qui ad es. l'alleanza non solo con gli altri borghesi ma anche con tutte le classi emergenti come quella politica e quella degli intellettuali. Quindi la prima differenza, la prima specificità  del conflitto dell'età  industriale che Marx analizza è la specificità  degli oppressori. Cioè la borghesia è una classe altamente dinamica  che ha la capacità  di sfruttare l'innovazione a suo piacimento e che quindi tende a modificare anche i rapporti sociali ed istituzionali che regolano la società . La caratteristica principale invece degli oppressi che li distingue da tutte le classi precedenti secondo Marx è il fatto che il proletariato è portatore di un interesse che va al di là  del bisogno della singola classe di appartenenza, cioè Marx sostiene che il bisogno del proletariato di liberarsi dal dominio della borghesia non andrà  a vantaggio solo della classe dei proletari ma produrrà  un vantaggio per tutta la società . Nel senso che la rivoluzione del proletariato ponendo fine alla proprietà  privata determinerà  un vantaggio per tutte le altri classi sociali anche se queste non avranno direttamente partecipato alla rivoluzione del proletariato. Un'altra caratteristica del conflitto nella società  industriale è relativa alla tipicità  del conflitto che vede opposti oppressi ed oppressori. Marx sostiene che il conflitto tra borghesia e proletariato è un conflitto altamente polarizzato. E' possibile individuare distintamente i due punti che si oppongono l'uno all'latro che sono portatori di interessi altamente differenziati. Nelle società  questa polarizzazione non era molto chiara appunto perchè ad es. nell'età  feudale i nobili erano contemporaneamente i detentori del potere politico e del potere economico e costituivano un corpo unico ad es. con i detentori del potere religioso, per cui ad es. i legami di parentela venivano offerti ad una unica classe che aveva sotto controllo pių dimensioni della società . Invece Marx sostiene che nell'età  industriale il conflitto è molto polarizzato perchè è facile individuare da una parte la borghesia che detiene i mezzi di produzione di massa, dall'altra parte il proletariato che detiene solo la proprietà  del proprio lavoro mentre le altre classi per cosų dire rimangono a guardare nel conflitto che si realizza. Questo non vuol dire che questa classi non sono importanti per l'esito del conflitto stesso perchè alleandosi con l'uno o con l'altra potrebbero determinare la vittoria della borghesia o del proletariato, perų la caratteristica fondamentale di questo tipo di conflitto sostiene Marx è proprio il fatto che queste classi intermedie che lui definisce degli intellettuali, dei politici e tutti quelli che non sono di per sè imprenditori rimangono per cosų dire a guardare fino a quando il conflitto non è quasi giunto a conclusione per cui loro sono già  certi di chi è il vincitore e finiscono soltanto per schierarsi dalla parte di chi sta vincendo i conflitto. Quindi la concezione materialistica della storia di Marx non è altro quindi che questa sua consapevolezza, questa sua idea che la storia non è altro che una storia fatta di conflitti tra due gruppi contrapposti. Ma la storia secondo Marx si comincia a costruire nel momento in cui l'individuo comincia a produrre i mezzi di sussistenza. Cioè Marx sostiene che l'individuo si distingue dagli animali nel momento in cui inizia a produrre i beni di cui ha bisogno per sopravvivere. Da questa concezione materialistica della storia deriva la distinzione tra forze produttive e mezzi di produzione.
Le forze produttive per Marx sono tutti quegli elementi che sono necessari al processo di produzione per cui per forze produttive Marx intende non soltanto gli individui che lavorano ma anche tutte le conoscenze necessarie affinchè l'individuo possa svolgere quel lavoro. Mentre per rapporti di produzione Marx intende i rapporti che si instaurano tra gli individui nel momento in cui si produce un determinato bene o servizio. Il rapporto tra l'imprenditore che offre un lavoro e l'operaio che lavora è un rapporto di produzione perchè si stabiliscono le condizioni alle quali l'individuo lavoratore presta la sua manodopera e le condizioni che l'imprenditore deve rispettare per definire il compenso del lavoro. Se noi volessero utilizzare la terminologia di Marx potremmo dire che i contratti collettivi di lavoro oggi esistenti non sono altro che rapporti di produzioni perchè specificano le condizioni che le parti devono supportare quando si vuole produrre un determinato bene e servizio. Infine per modo di produzione Marx intende il modo in cui sono organizzate le forze produttive. Secondo Marx la dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione è basata su un certo grado di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione. Marx sostiene che le forze produttive si sviluppano molto pių velocemente dei rapporti di produzione e cių in virtų del fatto che le forze produttive cosų come le intendeva Marx e quindi anche le conoscenze cambiano, si sviluppano e migliorano in maniera pių veloce dei rapporti di produzione. La conoscenza di come si puų produrre un bene e servizio si innova e si migliora molto pių velocemente del rapporto che stabilisce come quel bene o servizio deve essere prodotti e quindi delle condizioni di lavoro ed è proprio questa differenza nella velocità  di miglioramento tra questi due fattori che determina il conflitto.
Perchè secondo Marx se i rapporti di produzione, cioè se il modo in cui viene regolato il rapporto tra chi detiene la proprietà  privata  chi detiene la capacità  di lavorare si innovasse, seguisse la stessa velocità  nell'innovazione dello sviluppo delle conoscenze non verrebbero mai allo scontro questi due fattori perchè vorrebbe dire che le condizioni che regolano i rapporti di lavoro si adeguerebbero sempre alle nuove modalità  ed alle nuove conoscenze di lavoro. Marx sostiene che se ad ogni innovazione di conoscenza corrispondesse una innovazione nel rapporto di lavoro non ci sarebbe mai conflitto tra i due fattori perchè il mio nuovo saper fare viene subito riconosciuto da una nuova condizione di lavoro che in qualche modo mi soddisfa e che quindi mi invoglia a continuare nel rapporto di lavoro. Nella realtà  non è cosų perchè le conoscenze aumentano in virtų dello sviluppo tecnologico, del maggior impraticamento del lavoratore o comunque di tutti i fattori che determinano il ciclo di innovazione delle conoscenze e del miglioramento tecnologico  mentre i rapporti di lavoro tendono a rimanere stabili. Quindi che cosa accadeva nelle fabbriche che Marx andava a vedere in quel periodo, che i lavoratori aumentavano la propria conoscenza, quindi erano in grado di produrre o lo stesso bene con maggiore efficacia oppure producevano beni completamente diversi, perų questa loro maggiore capacità  di saper fare non veniva riconosciuta dal contratto di lavoro per cui ad es. sosteneva Marx, venivano pagati sempre allo stesso modo e lavoravano sempre nelle stesse condizioni pur essendo capaci di produrre di pių , e da qui nasce lo scontro tra quelle che lui chiama forze produttive e rapporti di produzione. Perchè i rapporti di produzione non cambiano con la stessa velocità  delle forze produttive? Perchè i rapporti di produzione sono rapporti di forza, cioè esprimono la capacità  che la borghesia ha di condizionare il proletariato, in virtų del fatto che questi rapporti sono determinati dalla volontà  della borghesia perchè è questa che è proprietaria dei mezzi di produzione. Cioè nella fabbrica di allora l'operaio pur sapendo produrre un prodotto aveva sempre bisogno di lavorare per i borghesi perchè non era proprietario dei mezzi che servivano a produrre quel prodotto. Nell'era industriale per produrre tutti i beni e servizi di cui la società  ha bisogno occorrono i macchinari, occorrono le fabbriche, le catene di montaggio quindi l'operaio non essendo proprietario di questi mezzi tecnici di produzione necessariamente deve vendere la sua forza lavoro alla borghesia la quale essendo consapevole di questa sua condizione di superiorità , perchè essendo proprietaria dei mezzi di produzione, è capace di imporre un contratto di lavoro favorevole per cui quando aumenta la conoscenza del lavoratore la borghesia tende a mantenere fermo il rapporto di lavoro perchè vuole sfruttare la nuova condizione si vantaggio che si è creata. In sostanza paga il lavoratore sempre allo stesso modo anche se quello gli produce di pių in questo modo crea maggior profitto. Quando Marx analizza questo rapporto tra forze produttive e rapporti di produzione lui inserisce il concetto di alienazione dal lavoro che è la condizione in cui l'operaio si viene a trovare quando diventa consapevole che non è pių proprietario del suo lavoro e quindi fa una esperienza di mancanza di senso della vita. Cioè Marx sostiene che nel momento in cui l'operaio acquisisce la coscienza di non essere pių proprietario di quello che produce inevitabilmente perde il senso della vita perchè gli uomini si distinguono dagli animali quando incominciano a produrre i propri mezzi di sussistenza. Quindi se io lavoratore non sono pių proprietario del bene che produco perdo in qualche modo la consapevolezza di un pezzo della mia esistenza che si manifesta nel produrre quel bene e questa alienazione secondo Marx è tanto pių forte nelle fabbriche tayloristiche che lui vedeva innanzitutto perchè l'operaio non è proprietario dei mezzi di produzione e non è proprietario del prodotto finale che lui lavora, perchè la proprietà  del prodotto rimane dell'imprenditore, ma cosa ancora pių grave, sostiene Marx,  non è proprietario del suo lavoro nel senso che essendo inserito in una catena di montaggio ogni operaio svolge una piccola funzione di tutte le operazioni necessarie a produrre il prodotto finito quindi l'operaio non è pių neanche consapevole di che cosa serve il suo lavoro, nel senso che non ha idea di che cosa con quella sua operazione produce. Quindi è completamente alienato dal senso di se stesso che si manifesta attraverso il lavoro, perchè non proprietario di quello che produce ma non è neanche consapevole di che cosa sta facendo perchè non sa quale è il prodotto finale che deriva anche dalla sua piccola parcellizzazione di lavoro. L'alienazione dal lavoro, secondo Marx, è uno dei mezzi pių forti insieme alla proprietà  dei mezzi di produzione con cui la borghesia riesce a riprodurre questa condizione di potere. Perchè attraverso la non consapevolezza di sè che si manifesta nel lavoro i lavoratori, quindi il proletariato, non riesce ad acquisire neppure quello che Marx definiva la coscienza di classe ossia l'insieme delle consapevolezze, delle idee, della definizione dei bisogni che in quanto appartenenti ad una classe sociale, quella del proletariato, ogni singolo individuo è portatore. Infatti Marx sostiene che un modo per superare l'alienazione da lavoro è quello di sviluppare la coscienza di classe innanzitutto rendendo i lavoratori consapevoli di vivere questa alienazione perchè Marx si rende conto che non tutti i lavoratori erano consapevoli di questo senso di alienazione proprio perchè nella maggior  parte dei casi si trattava di gente analfabeta, di gente che veniva dalle campagne, di gente che faceva turni di lavoro anche di 18 ore consecutive al termine delle quali erano morti sfiniti; quindi secondo Marx il primo obiettivo dello sviluppo della coscienza di classe era quello di indurre i lavoratori a rendersi conto che non soltanto non erano proprietari dei mezzi di produzione ma soprattutto che non erano pių proprietari della loro esistenza appunto perchè non avevano concezione di quello che era il prodotto del loro lavoro.  Questo è uno di quegli obiettivi che Marx dava agli intellettuali, soprattutto agli intellettuali di sinistra dell'epoca. Cosa che poi non è andata a buon fine. L'alienazione da lavoro secondo Marx è difficile da superare per il fatto che gli stessi intellettuali sono dei lavoratori della borghesia, nel senso che poichè gli intellettuali costituiscono una sorta di lavoratori perchè per vivere hanno bisogno dell'appoggio di chi detiene i mezzi di produzione di massa e quindi chi permette loro di scrivere sui giornali, di scrivere libri, di insegnare insomma gli intellettuali finiscono per riprodurre l'ideologia dominante proprio perchè hanno bisogno del sostegno della borghesia per continuare a fare gli intellettuali, e l'unico modo per mantenere questo sostegno è quello non di criticare il pensiero dominante e quindi le pratiche stesse della borghesia ma quello di riprodurre le idee della classe che è la potere. Cioè Marx vedeva che gli intellettuali dell'epoca non si ribellavano contro la condizione dei lavoratori non perchè erano non erano consapevoli dell'esistenza di questa problematica ma perchè essendo essi stessi una classe particolare di lavoratori per poter continuare a scrivere sui giornali, insegnare all'università  e cosų via avevano bisogno del sostegno economico della borghesia e quindi al posto di criticare riproducevano l'ideologia dominante. Secondo Marx perchè è pių difficile nell'età  industriale capire il perchè della riproduzione dell'ideologia dominante rispetto all'età  feudale appunto perchè è difficile vedere gli intellettuali come una categoria particolare di lavoratori. Cioè Marx sosteneva che nell'età  feudale era logico che gli intellettuali riproducessero l'ideologia dominante perchè in realtà  questi erano o i nobili stessi o erano i preti che altro che erano che persone influenti della classe nobile che diventavano sacerdoti o preti per rafforzare i legami fra le due classi, fra la sfera politica e la sfera religiosa. Quindi in realtà  non c'era una netta distinzione tra la classe al potere e la classe intellettuale quindi era normale che gli intellettuali riproducessero l'ideologia dominante. Nell'età  industriale invece, c'è una netta distinzione fra la borghesia, che è il proprietario delle fabbriche, e gli intellettuali che lui individua soprattutto negli accademici. Perų gli uni riproducono le idee dominanti dell'altro proprio perchè c'è questo rapporto di sudditanza. Quello che gli intellettuali dell'epoca continuavano ad insistere dicendo che erano dei liberi pensatori secondo Marx non è possibile appunto per il fatto che essi dipendevano dai soldi dati loro dalla borghesia per continuare a fare il loro lavoro particolareggiato di intellettuali, perų pur sempre di lavoro subordinato si trattava ed è per questo motivo che l'ideologia dominate veniva riprodotta non solo nelle fabbriche attraverso l'alienazione dal lavoro, ma anche nelle accademie, nelle università  e cosų via. E' per questo Marx sostiene che sarà  pių difficile nell'età  industriale far decadere l'ideologia dominante perchè bisogna passare attraverso due distinte fasi di coscienza: la prima bisogna che anche gli intellettuali stessi prendano coscienza del fatto di essere dei lavoratori subordinati alla borghesia e poi che prendano coscienza del fatto che con il loro lavoro riproducono l'ideologia dominante. Nell'età  feudale, invece, è bastato che la borghesia attuale riuscisse a far decadere la nobiltà  con l'introduzione delle fabbriche, delle nuove tecnologie di lavoro per far decadere anche l'ideologia dominante. Cioè una volta che i nobili si sono resi conto che la proprietà  terriera e quindi la servitų della gleba non permetteva loro di guadagnare quel tanto che bastava per detenere il potere, una volta affermatosi come mezzo di produzione fondamentale anche l'industria, automaticamente insieme al valore della proprietà  terriera è decaduta anche l'ideologia feudale appunto perchè gli intellettuali dell'epoca coincidevano con i nobili e con i sacerdoti. Marx invece sostiene che per l'età  industriale non sarà  cosų semplice perchè le due classi in realtà  non coincidono quindi se gli intellettuali non prendono prima coscienza del fatto di essere anch'essi dei lavoratori sottoposti alla borghesia anche se dovesse cadere con la rivoluzione del proletariato l'industria come fattore principale di produzione e quindi di potere, deve contemporaneamente anche prendere coscienza la classe intellettuale di questa sua posizione altrimenti l'ideologia dominante resterà  sempre viva. Ecco perchè Marx critica molto l'idealismo hegeliano; lui in gioventų aveva fatto parte dei giovani idealisti hegeliani appunto perchè loro danno una immagine troppo idealistica della società . Hegel, Feuerbach e tutti i giovani sostenevano la previdenza della classe degli intellettuali in quanto liberi pensatori, pensatori capaci di critica della società . Ma in realtà  sostiene Marx loro non esercitano questa capacità  di critica perchè non fanno altro che riprodurre l'ideologia dominante proprio perchè hanno bisogno dei soldi della borghesia per continuare ad esercitare questo loro lavoro privilegiato. Quindi anche se hanno le capacità  critiche per mettere in evidenza le strutture della cortesia gli intellettuali hegeliani, i seguaci di Feuerbach in realtà  non lo fanno,da qui la critica all'ideologia dominante, da qui la critica alla consapevolezza che sarà  pių difficile abbattere l'ideologia dominante proprio perchè non c'è coincidenza tra chi detiene i mezzi di produzione di massa e chi riproduce le idee che regolano questa dominanza. Un'altra concezione molto importante di Marx (oltre al materialismo storico, alla critica all'ideologia e alla critica all'alienazione dal lavoro) un altro lavoro molto importante di Marx è quello del capitalismo in cui introduce la teoria del profitto che porta poi alla cosiddetta rivoluzione del proletariato. Marx parte dagli studi economia classica ed in particolare dagli studi di Ricardo. Noi sappiamo che fino all'avvento della moneta come mezzo principale di scambio l'economia si reggeva sul baratto cioè si scambiava una merce con un'altra pių o meno di pari valore. Il valore veniva calcolato facendo riferimento all'ammontare di ore lavoro per uomo necessarie per produrlo. Era un calcolo approssimativo che perų si basava sulle regole sociali del baratto. La teoria del ritualismo di Levi Strass, di Mauss  ecc. cioè nel baratto non viene soltanto scambiato il valore economico di un bene ma anche il valore sociale che viene attribuito ad un bene o ad un altro nonchè il valore di importanza politica che viene dato a quello scambio. Per es. il bene donato da un capo tribų anche se è lo stesso oggetto ha pių valore del bene donato da un uomo qualsiasi della tribų perchè quel bene viene a caricarsi anche del ruolo sociale e quindi del prestigio della persona che lo dona. Quindi nell'epoca del baratto secondo Marx non si puų fare riferimento soltanto al valore economico del bene ma al valore economico si aggiungono il valore sociale, il valore simbolico che nel loro insieme stabiliscono le regole del baratto. Con l'introduzione della moneta come mezzo universale di scambio cade questa importanza degli aspetti non economici perchè si introduce. La moneta non ha pių alcun valore simbolico o sociale, ma rappresenta semplicemente il valore economico del bene. A questo valore del costo del bene si aggiunge poi un valore di scambio che non è dato da componenti sociali o simboliche ma è dato dall'andamento dell'economia, cioè dalla domanda e dell'offerta; la teoria classica di Ricardo dell'utilità  marginale dei beni. Se il bene è scarso sul mercato e quindi c'è una domanda elevato di quel bene e capisco di economia lo vendo di pių di quanto costa a me produrlo. Ma quel di pių non rappresenta il valore economico del bene ma il suo valore di scambio che dipende dall'andamento della domanda e dell'offerta del bene. Quindi per Marx quando si vanno a fare delle analisi economiche oltre al valore d'uso, al valore necessario per acquistare quel bene, bisogna fare riferimento al valore di scambio di quel bene ed è da questo ultimo che deriva la gran parte del profitto della borghesia. Perchè una parte essenziale del profitto deriva dal fatto che la borghesia non corrisponde in maniera giusta il prezzo di valore del bene all'operaio, cioè se per produrre quel bene occorrono 10 ore di lavoro la borghesia non paga completamente quelle dieci ore perchè in virtų del suo rapporto di potere cioè per il fatto che è proprietaria dei mezzi di produzione, per il fatto che sa che c'è una abbondante offerta di manodopera paga gli operai meno di quello che producono. E questa è la parte stabile del profitto della borghesia. Il profitto della borghesia secondo Marx si compone di due parti: una parte stabile (il lavoro non corrisposto al lavoratore) che è appunto quella che sottrae al lavoratore ed è stabile perchè sono io stesso proprietario dei mezzi di produzione che stabilisco quando li sottraggo dal lavoro e poi c'è una parte variabile che dipende dall'andamento del mercato e cioè dalla domanda di quel bene o servizio. Perchè è importante tener presente che il profitto ha una parte stabile ed una parte variabile? Perchè secondo Marx fintanto che l'andamento del mercato è favorevole nel senso che si producono beni che hanno una grande domanda ma che sono pochi, la borghesia tende ad aumentare il suo profitto giocando sulla parte variabile, perų con lo sviluppo dell'industrializzazione con l'aperture di nuove fabbriche, la capacità  di guadagnare sul marginale variabile del profitto tende a diminuire perchè contemporaneamente se io impiego dei lavoratori i quali guadagnano di meno di quello che producono questi lavoratori non hanno poi i mezzi per acquistare quei beni e quindi viene a mancare l'acquirente. Quindi la parte del profitto variabile della borghesia viene a diminuire sempre di pių in virtų del fatto che io non corrispondo la giusta quantità  di denaro al lavoratore  il quale non avendo denaro non puų acquistare il bene. Quando la mia parte di profitto variabile tende a diminuire per mantenere alto il margine di profitto la borghesia va ad agire sul profitto stabile, cioè va a rinegoziare il valore del lavoro del lavoratore tendendo a diminuirlo ed in questo modo si va ad innescare il conflitto tra chi lavora e chi detiene i mezzi di produzione. Questo conflitto necessariamente secondo Marx porterà  a quella che lui definisce la rivoluzione socialista del proletariato. Appunto perchè da una parte la borghesia vorrebbe potere perchè non puų continuare a crescere sfruttando il mercato dall'altra inasprisce il malcontento dei lavoratori e quindi queste due dinamiche messe insieme determinano la forza divergente che porta allo scoppio del conflitto. Marx sostiene che il conflitto si risolverà  solo con la rivoluzione socialista, soltanto quando verrà  annullata la proprietà  privata dei mezzi di produzione cosa che non si è mai verificato. Perų l'idea di Marx era questa che nel momento in cui le condizioni dei lavoratori sarebbero state insopportabili il conflitto avrebbe raggiunto una dimensione manifesta, sarebbe scoppiato ed avrebbe portato ad una rivoluzione tale per cui il proletariato avrebbe conquistato il potere, avrebbe nella fase comunista messo a disposizione dell'intera comunità  i mezzi di produzione ed in questo caso un ruolo molto importante avrebbe lo stato secondo Marx il quale sarebbe diventato in questa fase di passaggio l'unico proprietario dei mezzi di produzione per poi arrivare alla fase finale in cui non ci sarebbe stato pių bisogno dello stato in quanto detentore di tutti i mezzi di produzione ma si sarebbe passati ad una società  ideale e comunista in cui tutti i cittadini sarebbero stati proprietari di tutto. Ed ad ogni individuo sarebbe stato dato secondo il proprio bisogno, cioè nell'ideale società  comunista che lui aveva in mente, ogni singolo cittadino avrebbe contribuito al benessere della società  in base alle sue possibilità  ed avrebbe ricevuto dalla società  in base ai suoi reali bisogni. Cosa che poi non si è verificata. Ma diciamo che il passaggio prefigurato da Marx della società  comunista con lo stato proprietario dei mezzi di produzione è un po' quello che si è cercando di fare nei paesi comunisti con Stalin e Lenin che poi abbiamo visto che fallivano perchè non si puų realizzare uno stato sovra-partes come lo immaginava Hegel e cioè uno stato che avesse la capacità  di tenere contemporaneamente in considerazione i bisogni e le capacità  dei singoli individui, perchè lo stato è fatto di persone, di persone che portano all'interno dello stato e quindi nella classe di potere, non soltanto le proprie idee dominati ma anche quello che poi Weber chiamerà  il proprio desiderio di potenza. Quindi Marx sosteneva che era possibile creare questo sorta di stato ideale capace di elevarsi dalla concezione dell'individuo, dalle pulsioni minime dell'individuo di potere, di potenza  e di ricchezza ma in realtà  non è possibile perchè lo stato è sempre formato dagli individui. In questo sta il fallimento della rivoluzione comunista. Cioè il fallimento dell'idea di Marx non sta tanto nel fatto di avere idealizzato una società  priva dei mezzi di produzione di massa ma sta nell'aver immaginato la possibilità  di creare uno stato che prescindesse dagli individui e quindi dai limiti che lo compongono. Ogni individuo ha questa tendenza alla supremazia, alla ricchezza cioè ha la tendenza a distinguersi dagli altri e nel momento in cui c'è questa si perde la capacità  di tener conto non soltanto dei bisogni della collettività , ma anche della capacità  di imporre ad ognuno di contribuire allo sviluppo della comunità  secondo le proprie potenzialità . E' la natura intrinseca dell'uomo che porta l'uno a prevalere sull'altro. E' proprio la natura dell'uomo che impedisce l'esistenza di questo stato ideale ed è questa natura dell'uomo che ha portato al fallimento della rivoluzione comunista, cioè non è possibile creare uno stato neutrale che sia capace di imporre a tutti contribuire secondo le proprie capacità  e che sia capace di distribuire a tutti secondo i loro bisogni. Cioè si vengono sempre a creare classi dominanti, sempre uno squilibri. Questo è uno dei principali limiti che i critici riconoscono a Marx, cioè lui è partito enunciando la concezione materialistica della storia cioè lui ha sostenuto la storia è sempre stato storia di lotta di classe tra oppressi ed oppressori, il suo limite è proprio quello di non aver capito che questa condizione è una condizione intrinseca alla società  e che non è superabile neanche con la rivoluzione del comunismo proprio perchè è legata alle caratteristiche dell'individuo. I critici di Marx sostengono che la storia sarà  sempre storia di lotta di classe perchè non è possibile creare una entità  ideale che prescinda dalle caratteristiche umane per cui i teorici che vengono dopo Marx tra cui Dahrendorf e Collins stesso sostengono che il conflitto non potrà  mai avere fine proprio perchè non si potrà  mai superare questa condizione dell'individuo mentre Marx era dell'idea che il conflitto avrebbe avuto fine nel momento in cui sarebbe stata istituita la società  comunista. Perų per gli autori successivi a Marx il conflitto non è negativo. Cioè Marx partiva dalla concezione che l'esistenza di questo conflitto fosse negativa per la società  proprio perchè creava sempre un gruppo di oppressi ed un gruppo di oppressori e che nel momento in cui si sarebbe realizzata la società  comunista si sarebbe realizzata una sorta di paradiso terrestre in cui ad ognuno sarebbe stato dato secondo i propri bisogni ed ognuno avrebbe contribuito secondo le proprie possibilità  quindi sarebbe scomparso il malcontento. Perų i critici di Marx partendo dalla concezione del conflitto come inevitabile della società  non arrivano ad una concezione negativa cioè loro dicono il conflitto è inevitabile perchè è intrinseco nella natura umana, perų l'esistenza di questo conflitto inevitabile non è negativo per la società  anzi è positivo perchè è questo conflitto che è il motore di sviluppo dell'intera società , sono queste differenze che portano gli individui a superare ed a migliorare le relazioni, i rapporti istituzionali cioè la società  in cui vivono, se venisse a mancare questo elemento di turbolenza la società  non si evolverebbe pių , cioè non si avrebbe cambiamento sociale, quindi il conflitto non è una caratteristiche negativa della società  per i successori di Marx ma è il motore fondamentale dello sviluppo della società .

I sociologi dopo Marx, in particolare Dahrendorf, sostiene che noi abbiamo una idea sbagliata del conflitto, cioè che quando noi utilizziamo il concetto di conflitto facciamo riferimento alla guerra. Cioè utilizziamo il concetto di conflitto come sinonimo di guerra. Allora quando il conflitto si manifesta come guerra allora è normale che sia una conseguenza negativa perų quello che vogliono dirci i sociologi come Dahr., Collins è che il conflitto è ogni manifestazione di divergenza tra uno o pių gruppi, tra uno e pių concezione ed il conflitto in sè non è negativo ma positivo; che poi si manifesta con la guerra quella è una digressione negativa e distruttive della società  per alcuni per altri come ad es. Gibben??? sostiene che non sempre la guerra è negativa ma a volte è accelerazione di processi di innovazione che altrimenti avrebbero avuto bisogno di secoli per verificarsi o che forse non si sarebbero mai verificate.

I concetti fondamentali di Marx sono:

  • la concezione materialistica della storia
  • la critica all'ideologia
  • la concezione dell'alienazione da lavoro
  • la teoria del capitale e del profitto e quindi la teoria della rivoluzione socialista.

Collins inserisce tra le teorie del conflitto anche il pensiero di Weber perchè in realtà  W. fa una continuazione dell'opera di Marx e cerca di rispondere a due domande fondamentali. Innanzitutto W. si chiede perchè la società  capitalistica nasce in occidente e non si sviluppa in Cina, in India o in qualche altra parte?

E perchè è importante il confronto tra classi sociali differenti che Marx ha chiamato gli oppressi e gli oppressori.

W è importante per la sociologia perchè prosegue anche l'opera di Durkheim ossia detta meglio quelle che sono le regole del metodo sociologico e quello che è l'obj della sociologia. D ci aveva detto che obj della sociologia è quello di studiare i fatti sociali e di individuare le leggi generali che, al pari delle leggi fisiche, ci permettono di dire che in presenza di determinate situazioni si verificano  determinati fenomeni. Cioè D voleva individuare le leggi sociali che stabiliscono il rapporto di causa-effetto tra la presenza di determinate condizioni ed il verificarsi di determinati fenomeni. Che è quello che fa con il suicidio. Lui individua 4 tipi di suicidio e stabilisce la condizione generale per cui la mancanza di interazione sociale o la mancanza di leggi determina dei livelli pių alti di suicidio. Quindi individua le cause e spiega il fenomeno stabilendo il rapporto di nesso causale tra l'uno e l'altro. W conosce molto bene l'opera di D ed a partire da questa W sostiene che se la sociologia vuole affermarsi come scienza, al pari di quanto sosteneva D, allora non puų semplicemente ridursi ad imitare le scienza sociali e quindi non deve andare alla ricerca di leggi generali che spiegano il rapporto di causalità  tra determinate condizioni e determinati fenomeni, ma la sociologia si deve elevare al di sopra di queste leggi di causalità  e deve andare a comprendere quelli che sono i legami, i nessi simbolici interpretativi che determinano da parte dell'individuo l'esistenza di un determinato fenomeno sociale. Quindi obj della sociologia è quello di comprendere la realtà  sociale, ma non in maniera generale tale per cui posso stabilire una legge che ha una validità  probabilistica come fa D nel suicidio, ma è quello di comprendere il significato che per l'individuo assume quel determinato fatto sociale, quel determinato evento.

Con W. si passa da una sociologia che guarda agli aspetti macro della società  ad una sociologia che guarda agli aspetti micro. W. sostiene, cosų come faranno poi tutti gli esponenti della fenomenologia,  che tanto un fenomeno sociale esiste quanto questo fenomeno assume significato per l'individuo. Se l'individuo non attribuisce significato ad un determinato fatto sociale allora quel fatto sociale non esiste. Perchè questa concezione di W è vicina all'idea di Marx del conflitto di classe e dell'ideologia? Perchè se prendiamo la posizione di W., che ci dice che un fatto sociale esiste soltanto quando l'individuo gli attribuisce significato, e colleghiamo la critica all'ideologia che fa Marx, il quale sostiene che il primo passo affinchè l'ideologia borghese venga sconfitta è che gli stessi intellettuali prendano coscienza di essere servitori di quell'ideologia, possiamo dedurne che gli intellettuali non attribuiscono alcun significato al loro lavoro, quindi non si rendono conto che loro lavorano per riprodurre l'ideologia dominante. Quindi per il loro il fenomeno della riproduzione dell'ideologia dominante non esiste, ma non perchè non esiste fisicamente ma perchè loro non ne hanno attribuito significato. Quindi non si rendono conto dell'esistenza di questo fenomeno.

Per W. quindi il primo passo per far cadere l'ideologia dominate è che gli intellettuali attribuiscano significato al processo stesso di riproduzione dell'ideologia. L'importante della sociologia comprendente di W per le teorie del capitalismo è proprio questa che assumendo come punto focale di studio della sociologia l'individuo W rende l'individuo responsabile di tutto cių che accade e quindi pone l'individuo alla base di qualsiasi mutamento che accade nella società , perchè è l'individuo che attribuendo significato alle cose è capace anche di cambiarlo. Quindi il sociologo secondo W non deve andare alla ricerca di leggi generali che regolano l'ordine sociale, ma deve andare a comprendere quali sono i significati che gli individui attribuiscono ai fenomeni sociali che li circondano perchè sono poi quei significati che determinano certi andamenti che poi possono essere associati a delle regole alla maniera di D. quindi il compito della sociologia per W non è quello di spiegare i fatti sociali perchè questi fatti sociali in realtà  non si possono spiegare ma si possono comprendere perchè dipendono dalle attribuzioni di significato che l'individuo fa.

Le due opere principali di W. sono:

  • l'etica protestante e lo spirito del capitalismo
  • e lo studio che fa su economia e società .

Nell'etica protestante W parte chiedendosi perchè il capitalismo si è sviluppato in occidente e non si affermato per es. in Cina? 

W ha una concezione multidimensionale della società  e sostiene che per spiegare un fenomeno sociale non si puų guardare soltanto ad un aspetto ma a tutti gli aspetti della società : al rapporto sociale, al rapporto economico, al rapporto culturale ed individuare il fattore che ha predominato nel determinare l'esistenza o meno di un determinato evento. Allora W parte nel suo studio sull'etica protestante e comincia a chiedere quale è stato il fattore determinante che ha portato allo sviluppo del capitalismo nelle società  occidentali. Innanzitutto si chiede qual è il tratto distintivo del capitalismo? Il tratto distintivo del capitalismo è l'elevato individualismo. Cioè il capitalista non ragiona in termini di sistema ma guarda il suo piccolo e tanto pių si sente gratificato tanto pių aumenta il suo profitto, quindi anche il suo termine di prestigio.

W ci dice che una concezione di questo tipo si trova nell'etica protestante ed in particolare modo nel calvinismo con la teoria della predestinazione. Il calvinismo ci dice che ogni individuo con un determinato destino fissato dal vangelo. Le opere che l'individuo fa durante la sua vita non sono altro che manifestazione di quel destino di predestinazione per cui se un individuo è ricco o vincente o fortunato in realtà  non è altro che la manifestazione del destino per cui è stato predestinato. Perų siccome il singolo individuo non conosce il destino a cui è stato dotato da Dio allora si sforza per far vedere agli altri di essere stato predestinato in quel senso e quindi si sforza per migliorare la sua condizione sociale, il suo rendimento economico e cosų via mostrando un elevato individualismo. Quindi la teoria della predestinazione secondo W in qualche modo incide nel determinare l'etica dello spirito capitalista per cui in realtà  non giustifica ma fa legare lo spirito del capitalismo a questa concezione della predestinazione del successo; tant'è che sostiene W che le industrie capitalistiche si sono diffuse maggiormente nei paesi protestanti in cui questa teoria della predestinazione è parte integrante della formazione culturale dell'individuo quindi questa concezione del continuo miglioramento di se stesso e della propria posizione sociale è ampiamente visibile in Germania o in Inghilterra dove poi Marx studia. Quindi W in qualche modo lega lo sviluppo del capitalismo allo sviluppo dell'etica protestante, in qualche modo individua il motivo per cui il capitalismo si sviluppa in questi paesi protestanti proprio legandolo a questa concezione religiosa. Quindi capovolge l'impostazione di Marx nel senso che Marx sosteneva che era il rapporto di produzione, cioè il rapporto tra oppressi ed oppressori, e quindi la proprietà  dei mezzi di produzione a determinare le idee sociali e le idee culturali; W. parte dal contrario e dice che è in qualche modo la società  che determina e che spinge all'affermarsi di determinati rapporti di produzione in particolar modo è stata all'inizio l'idea protestante della predestinazione a favorire lo sviluppo del capitalismo.

Per W. per completare l'analisi della società  capitalista dell'epoca non si puų ridurre tutto ad un rapporto fra classi perchè secondo W la stratificazione della società  è molto pių complessa. Accanto alla classe che fondamentalmente si distingue non per il possesso dei mezzi di produzione secondo W ma per la sua collocazione sul mercato, quindi non soltanto possesso di produzione ma anche capacità  di possedere l'innovazione e le conoscenze e quindi posizionarsi sul mercato. Quindi la classe di W si differenzia dalla classe del concetto di Marx appunto perchè non dipende solo dalla proprietà  dei mezzi di produzione ma dipende proprio dalla posizione che ha sul mercato e quindi dalla capacità  anche di esercitare il potere e la potenza.

W. inserisce nell'analisi della stratificazione sociale due concetti differenti che noi traduciamo con il concetto di potere e di potenza.

La potenza è la capacità  di far fare agli altri cių che si vuole coercitivamente.

Il potere invece è la capacità  di far fare agli altri qualcosa che si vuole ma in virtų di qualcosa che gli altri riconoscono come legittimo. Cioè senza coercizione.

W. distingue 3 tipi di potere:

- il potere razionale-legale

- il potere carismatico

- il potere tradizionale.

Il potere carismatico si traduce nel carisma di una persona. Cioè la persona che incarna il carisma è capace di far fare agli altri cių che vuole in virtų del fatto che questi gli riconoscono questo carisma, questa personalità  fuori dal comune e ne sono talmente affascinati da eleggerlo come leader della comunità . Il problema del potere carismatico è quello della trasmissione, cioè il carisma è talmente legato ad una persona che quando quella persona muore si creano delle lotte interne per individuare il nuovo capo carismatico che è comunque sempre pių debole del precedente perchè innanzitutto il carisma non si trasmette geneticamente e quindi il carisma di una persona non puų mai essere pari a quello della successiva e le persone che sopravvivono mantengono sempre il ricordo del precedente capo per cui ogni volta fanno il confronto tra il capo vecchio ed il capo nuovo attribuendo sempre meno carisma al capo nuovo. Il potere carismatico quindi secondo W con il passare degli anni tende a diminuirsi perchè il carisma viene meno perchè cambiano le persone e poi perchè il carisma viene meno perchè diventa una sorta di lotta interna per acquistare il potere cioè il capo viene eletto non pių in base al suo carisma ma ai vincitori della lotta interna tra i seguaci del capo uscente e quindi inevitabilmente si elegge un capo che non è carismatico ma che ha vinto questa lotta interna. Secondo W. è per questo che i capi tribų sono andati via via scomparendo proprio per queste difficoltà 

Il potere tradizionale cioè la persona fa fare agli altri ciò che vuole non in virtų del carisma ma della tradizione ed è tutto il potere che si è vissuto nell'epoca medievale. Perchè il re passava il potere da primogenito a primogenito perchè in virtų della tradizione era accettata l'idea che il re fosse nominato direttamente da Dio e per questa discendenza reale avesse diritto di fare ereditare il potere da primogenito a primogenito. Ma non c'era nessuna spiegazione reale che confermasse la discendenza del re da Dio era in virtų della tradizione consolidata nel tempo che il popolo riconosceva nel figlio primogenito del sovrano il legittimo prosecutore del potere. Obbedienza non al sovrano in quanto tale ma alla tradizione che legittima il potere del sovrano.

Potere legale-razionale nelle società  moderne secondo W. non crediamo pių al carisma, non crediamo pių nella tradizione ma anche noi crediamo in un fattore legittimato del potere che è quello delle leggi imposte dallo stato. Le società  moderne legittimano il potere esercitato dallo stato in virtų del fatto che credono nell'esistenza di un corpo di leggi che siano uguali per tutti e che siano universalmente riconosciute legittime ed accettate dalla società . Cioè noi crediamo nel potere dello stato perchè pensiamo che quelle leggi non soltanto valgono per tutti i cittadini dello stato e quindi sono applicate uniformemente ma anche perchè crediamo di aver partecipato alla proclamazione di quelle leggi in quanto membri del corpo democratico dello stato. Il potere dello stato moderno si basa su questa convinzione e cioè che ci sia un corpo di leggi che tutti quanti noi abbiamo contribuito a creare e che sono uniformi ed uguali per tutti. Se venisse meno questa convinzione dell'uguaglianza della legge e della partecipazione alla creazione della legge verrebbe meno il fattore su cui si basa la legittimità  del potere dello stato. 

Perchè sono importanti i concetti di potere e di potenza di W.?

Perchè secondo W. il conflitto di classe non è mai un conflitto di potere ma quello che W. definisce come conflitto di classe è un conflitto di potenza, nel senso che c'è una classe che è capace di dominare sull'altra perchè una ha i mezzi di produzione e l'altra no ma non è un conflitto che mette in discussione la legittimità  su cui si basa l'ordine sociale è un conflitto che mette in discussione la distribuzione delle risorse quello che Marx analizza nel capitale sociale quando parla del conflitto tra oppressi ed oppressori, tra borghesia e proletariato. W guarda al capitalismo di Marx che ci aveva detto che il conflitto il classe tra borghesia e proletariato è un conflitto sociale che vede opposti da un lato la borghesia proprietaria dei mezzi di produzione e dall'altro il proletariato proprietario solo del proprio lavoro, W ci dice che questo conflitto analizzato da Marx non è un conflitto di potere ma è un conflitto di potenza, cioè si basa sulla oppressione, è un rapporto di forza, si basa sulla capacità  che una classe ha sull'altra di imporre la sua forza  perchè l'una è proprietaria dei mezzi di produzione e l'altra no. Quindi il conflitto di classe cosų come lo legge Marx non mette in discussione la legittimità  dell'ordine sociale perchè affinchè vi sia questa messa in discussione della legittimità  dell'ordine sociale ci dovrebbe essere un conflitto di potere ed il conflitto di potere secondo W non si realizza all'interno dello scontro tra classi sociali ma si realizzano all'interno dei ceti sociali. W introduce questa distinzione fondamentale tra classe e ceto sociale. La classe si distingue esclusivamente per la sua collocazione sul mercato, il ceto sociale include oltre alla collocazione sul mercato anche l'appartenenza culturale, le idee sociali, insomma la collocazione all'interno della società  nel suo complesso. Quindi il concetto di ceto di W include quello di classe ma lui fa questa distinzione proprio per far capire che Marx ha guardato solo ad un aspetto della società , all'economia, ma se noi vogliamo analizzare veramente come funziona la società  dobbiamo analizzare anche tutti gli altri aspetti. E W. introduce questa distinzione proprio per far capire che il conflitto di potere cioè quello che è capace di cambiare i fondamenti su cui si basa la società  non si ha con il conflitto tra le classi ma si ha all'interno dei conflitti tra i ceti. Se noi volessimo utilizzare il concetto attuale invece di  parlare di ceto sociale dovremmo parlare di gruppi etnici o di gruppi religiosi perchè un ceto è una comunità  che condivide gli stesi valori, le stesse idee, gli stessi sistemi di riferimento. Nella maggior parte dei casi questo ceto occupa una determinata posizione all'interno della società  che comprende anche la posizione economica. Cioè i ceti tendono ad omogeneizzarsi al proprio interno anche in riferimento alla posizione economica. Il ceto è un concetto pių ampio appunto perchè per appartenere ad una classe io devo avere una certa posizione economica per appartenere ad un ceto oltre ad avere una certa posizione economica io devo condividere lo stesso sistema di valori, di ideali e di punti di riferimento e sono questi che costituiscono il fattore che legittima il potere.

Successivamente accanto al concetto di ceto sociale utilizza il concetto di partito politico. Cioè non tutti i membri del ceto sociale si organizzano in modo da condurre la lotta per il potere, ma soltanto alcuni membri di questo ceto lottano per la conquista del potere e questi membri costituiscono i partiti politici. Secondo W i partiti politici non fanno altro che rispecchiare le idee e le convinzioni di certi ceti sociali e lottano per la conquista del potere legittimato per imporre quella determinata visione del ceto cui appartengono. Se W non avesse introdotto il concetto di partito politico avremmo potuto pensare che tutto il ceto partecipasse alla gestione dello stato, in realtà  non è cosų o meglio teoricamente tutto il popolo è sovrano per cui partecipa alla gestione dello stato ma in realtà  chi fa le leggi non è tutto il popolo ma sono soltanto i rappresentanti eletti dal popolo quindi le persone che decidono di occuparsi  per professione della lotta di potere e quindi si uniscono in partiti politici. Secondo W la creazione dei partiti politici non è un male ma è un bene perchè se volessimo seguire le regole della democrazia e se invece di dover mettere d'accordo 319 persone quante sono quelle che compongono la camera dei deputati e quelli del senato dovessimo mettere d'accordo 56 milioni di persone, lo stato arriverebbe ad una condizione di incapacità  ad agire. Quindi è necessario che si costituiscano i partiti politici in modo che poche persone si facciano rappresentanti delle idee, delle esigenze, dei bisogni e dei valori dell'intero ceto e dell'intera comunità . Con il concetto di partito politico noi riusciamo a spiegare in un altro modo anche la legge dell'oligarchia proposta da Michels il quale sostiene che in tutte le società  esiste sempre una piccola minoranza di persone che è capace di governare sulla maggioranza. Questo accade secondo W perchè è la maggioranza delle persone che delega ai partiti politici questo potere, cioè che legittima i partiti politici a governare appunto nella consapevolezza che la totalità  delle collettività  non potrebbe mai arrivare ad un accordo, quindi a differenza di quanto sosteneva Michels che l'oligarchia non è altro che la riproposizione della lotta di classe all'interno del settore politico alla stessa maniera di Marx, la presenza di una oligarchia e quindi di una ristretta classe al potere spiegata alla maniera di W. è una conseguenza necessaria per governare ed è in qualche modo legittimata da noi che componiamo la maggioranza appunto perchè siamo noi che deleghiamo queste persone a rappresentare i nostri bisogni nella collettività  perchè siamo noi consapevoli in qualche modo che una collettività  composta da 55 milioni di persone non riuscirebbe mai a governare. Quindi in realtà  l'oligarchia è legittimata sostiene W in virtų del fatto che noi crediamo nella democrazia, che noi crediamo nel fatto che è impossibile che legge vengano approvate da 55 milioni di persone, che quindi noi consapevolmente deleghiamo il nostro potere ai partiti politici che nascono appunto perchè non tutto il ceto si deve o si vuole occupare della gestione della lotta al potere ma lo fanno soltanto persone specializzate. Quindi la nascita dei partiti politici non è una conseguenza negativa delle lotte sociali nelle idee di W ma è una conseguenza necessaria affinchè ci sia l'ordine sociale.

E la legge dell'oligarchia in realtà  è legittimata da potere stesso cioè da noi stessi che riconosciamo a questi partiti politici la legittimità  della loro esistenza. Questa concezione di W. non è una concezione deterministica, nel senso che nell'opera economia e società  lui non da per scontato che così è e così sempre sarà , cioè che le società  moderne riconoscono legittima la legge e quindi il potere dello stato. Cioè lui fotografa una realtà  esistenza perų nel suo pensiero lascia spazio a questa ipotesi di evoluzione. Cioè lui sostiene che se un domani la società  non dovesse pių riconoscere legittima le leggi come base di legittimazione del potere, nulla toglie che potrebbe venirsi a creare un nuovo tipo di potere basato su qualsiasi altra fonte di legittimazione. Cių che W ci vuole dire è che qualsiasi potere deve essere basato su qualcosa che lo legittima: il carisma era basato sulla personalità  dell'individuo, la tradizione era basata sulla tradizione, il potere razionale moderno è basato sulla legittimità  delle leggi; se dovesse crearsi una nuova forma di potere comunque ci dovrebbe essere qualcosa di interiorizzato che lo legittima perchè altrimenti quel potere si trasforma in potenza, cioè si trasforma in rapporti di forza il che comporterebbe un passo indietro. Quindi per questo W viene messo da Collins nei teorici del conflitto perchè da ulteriori spiegazioni sociologiche del conflitto allargandola la prospettiva del conflitto non soltanto al conflitto di classe economico ma al conflitto di classe, di ceto e poi introducendo l'importante distinzione tra il potere che in qualche modo è legittimato dagli individui e la potenza che non è altro che un semplice rapporto di forza. Se noi dovessimo leggere la teoria di Michels sulla guerra facendo riferimento al concetto di potere e di potenza di W. io potrei dire che la guerra non è un conflitto di potere ma di potenza. Potremmo dire che la manifestazione della guerra non è altro che una manifestazione di forza di un gruppo su un altro, quando non è condotta entro scenari ideologici.

W. estende il conflitto dal settore economico al settore culturale e sociale e questa apertura è poi mantenuta anche dai teorici del conflitto successivi, ad es. da Dahrendorf che si distingue da Marx per il fatto che considera il conflitto come un fattore permanente della società  appunto perchè secondo Dahrendorf il conflitto deriva dalla distribuzione diseguale delle risorse. Perų qui Dahrendorf non si riferisce solo alle risorse economiche ma a tutti i tipi di risorse sulla base delle quali si fonda il potere,quindi risorse economiche, politiche, culturali ma in pių aggiunge che questa distribuzione diseguale non potrà  mai essere superata, cioè non si potrà  mai arrivare all'ideale società  comunista citata da Marx appunto perchè se arrivassimo a questo punto la società  perderebbe il reale motore di sviluppo che le permette di innovarsi e cambiare in continuazione.

Non c'è sul Collins ma è importante.

I sociologi moderni cercano di coniugare la teoria del conflitto con la sociologia del rischio. Cioè loro dicono che in realtà  il conflitto vero e proprio che noi stiamo vivendo all'interno delle società  moderne è tra chi riesce a controllare il rischio sociale e chi lo subisce. Loro con rischio sociale intendono tutte quelle condizioni in cui l'individuo va consapevolmente incontro nel momento in cui decide di compiere una azione. Io mi assumo un rischio quando compiendo un'azione sociale sono già  consapevole delle conseguenze negative che possono venire e quindi le accetto come parte del gioco. Secondo Mary Douglas il conflitto reale società  moderna di adesso è tra chi è capace e consapevole di governare questi rischi e chi invece li subisce il rischio e fanno l'esempio della borsa tra i grandi investitori ed i piccoli investitori. Cioè i piccoli investitori che si fidano del giudizio dei promotori finanziari e delle banche in realtà  sono quelli che subiscono il rischio perchè non hanno le conoscenze sufficienti per rendersi conto consapevolmente se è un'azione che vale la pena intraprendere mentre sono le grandi compagnie quotate in borsa che creano e che sono consapevoli dei rischi.