Il
prossimo dicembre si concludono 5 anni di vita dellARIPS.
Quando i fondatori hanno dato vita allassociazione
si erano dati proprio 5 anni di tempo per avviare limpresa.
Ora è tempo di verifiche. Il Consiglio Direttivo ora in
carica ha stabilito di effettuare una verifica ed una valutazione
di ampio respiro, che culminerà in un incontro di 2 giorni.
Allincontro sono invitati non solo gli operatori ed
i soci dellassociazione, ma anche i fondatori, i simpatizzanti,
gli ex-soci persi per strada, gli utenti, i clienti. Tutti
coloro insomma che hanno o hanno avuto rapporti con lARIPS
e che sono disponibili a dare un loro contributo alla riflessione.
I
giorni 16 e 17dicembre, ad orari continuati, si susseguiranno
comunicazioni, tavole rotonde e testimonianze alle quali
sarà possibile partecipare anche con una breve visita. Liniziativa
non vuole affatto essere celebrativa, ma si propone lobiettivo
del confronto, del test di realtà e della riprogettazione
critica. Allo scopo di facilitare il dibattito si è deciso
di:
a) effettuare una ricerca di opinioni sullArips
b) inviare a tutti gli interessati un bilancio storico
dei primi cinque anni di vita
c) inviare una serie di proposte strategiche per i
prossimi anni.
Presentiamo
di seguito una lista di tesi e di problemi che consideriamo
basilari e crediamo possano costituire uno stimolo alla
riflessione.
IL
SIGNIFICATO E IL VALORE DI ARIPS di Guido Contessa
Dopo
cinque anni di vita di unassociazione è legittimo
interrogarsi sul suo significato e valore. LArips
è unassociazione privata senza scopo di lucro, priva
di finanziamenti, finalizzata alla ricerca psicologica e
sociale e organizzata secondo criteri largamente comunitari.
Qual è, se ne esiste uno, il senso ed il valore di una simile
realtà nella situazione italiana, negli anni 80?
Si
tratta di unimpresa folle, senza futuro fuori dalla
realtà, priva di valore? O piuttosto non è un sogno coraggioso,
basato su bisogni reali e insopprimibili, come lautonomia,
il bisogno di conoscere e di cambiare lesplorazione
e lo scambio simbolico? Tante volte ci siamo detti che cè
lUniversità, che ha il ruolo di studiare le scienze
sociali. E che i prodotti scientifici e cultuali sono sottoposti
al mercato, come merci, ed alle sue regole economiche. E
che la specializzazione si accompagna alla professionalità,
non al volontariato. E che rasentava larroganza voler
operare senza agganci, senza padrini, senza legami con
le realtà (partiti, sindacati, gruppi di pressione, poteri
pubblici) che fanno la storia. Puntare sul merito e sullefficacia,
in unepoca dominata dal valore dellaffiliazione
e della sottomissione. E tante volte ci hanno detto che
professionalità è délite; che la scienza è di pochi:
impossibile dunque trasformarle in questioni di gruppo o
comunitarie. Ci siamo detti spesso queste cose, oppure ce
le hanno dette o fatte capire, magari con qualche smorfia
di disprezzo o dironia. Malgrado ciò abbiamo continuato
per 5 anni ad operare fuori mercato, autofinanziandoci,
facendo ricerche ed interventi di gruppo, e
ricercando di continuo una dimensione comunitaria. Abbiamo
sbagliato? Dobbiamo cambiare o continuare?
Rifondare
le scienze sociali mediante linterdisciplinarità
Lassociazione
è sorta anche sulla base di una riflessione epistemologica
che concerneva le scienze umane e sociali in Italia. Ci
sembrava e ci sembra che il nostro Paese mostri in questo
campo ritardi anche maggiori che in altri. Quasi tutta la
psicologia e la sociologia italiane si fondano su teorie
e ricerche effettuate in altri Paesi ed in tempi abbastanza
remoti. Su dieci libri di scienze umane, pubblicati da italiani,
nove sono sulla psicologia, solo uno è di
psicologia. La fioritura di pubblicazioni, anche estere,
sulle scienze umane presenta a centinaia nuovi modelli
, riformulazioni, diversi modi di dire, ma quante
sono i veri avanzamenti teorici e tecnici? Ci siamo dunque
proposti di riprendere dallinizio il filo della matassa;
di rimettere ordine in un mare aggrovigliato di teorie;
di rimettere alla prova, oggi e in Italia, molte idee che
erano valide 50 anni fa negli USA o a Londra. Abbiamo
iniziato con pazienza un lavoro storico e teorico, in qualche
settore anche sperimentale. Un lavoro appena iniziato, ma
che spesso ironicamente abbiamo definito di monachesimo
laico identificandoci con i monaci medievali che,
per salvare la cultura classica dalla barbarie, si erano
messi prima a ricopiarla e poi a reinterpretarla. Non si
va molto avanti, in 5 anni, su questa strada; ma qualche
idea cominciamo ad averla, almeno sulla direzione da prendere.
Questa direzione è linterdisciplinarità, sia in senso
orizzontale (fra psicologia, sociologia, antropologia e
i loro derivati), che in senso verticale (fra le scienze
umane e la filosofia da una parte, e le scienze fisiche
dallaltra).
Il
senso di morte delle aggregazioni
Non
è certo un caso che, nel periodo degli anni di piombo,
lAssociazione sia partita da riflessioni sulla entropia
dei sistemi organizzativi. Le aggregazioni umane ci sembrano
(e ci apparivano tanto più allora) come sistemi dissipativi,
dominati dallentropia e dal senso di morte, che si
esprimono o sotto forma di disgregazione o sotto forma di
repressione. Abbiamo dunque lavorato molto su questi concetti,
in teoria, con laboratori sperimentali, o nella pratica
concreta degli interventi organizzativi e sociali. Abbiamo
studiato il ruolo dellinvidia e delle differenze,
in questo processo dissipativo; ma abbiamo anche cercato
metodi e tecniche operative per riconvertire, frenare,
oppure rendere consapevole (e dunque contrattabile) questo
destino distruttivo. Le tecniche di creatività e quelle
di comunità che abbiamo messo a punto sono un primo passo.
Molto resta ancora da fare, ma prima dobbiamo domandarci
se questa direzione di ricerca ha ancora senso e se non
debba essere arricchita e più articolata.
Il
lavoro di comunità e la prevenzione
Siamo
partiti dallo studio delle organizzazioni (scuola, impresa,
ospedale), poi abbiamo allargato il concetto di aggregazione
fino a comprendere quello della comunità territoriale. Una
realtà magmatica, insieme rassicurante e minacciante, poco
comprensibile, vissuta come dovere e come desiderio; ma
una realtà alla quale vengono assegnati compiti istituzionali
(terapeutici, educativi, cultuali). La comunità territoriale
è divenuta oggetto di studi teorici e interventi concreti.
Ben presto ci siamo resi conto che un intervento nella
comunità territoriale, qualunque sia lapproccio, non
può non finalizzarsi al miglioramento della qualità della
convivenza, e quindi non può che essere un intervento di
prevenzione. Comprendiamo il rischio ideologico insito in
termini come qualità della convivenza e prevenzione
primaria. Ma tale rischio non ci sembra giustificare
la rinuncia a considerare la comunità territoriale come
uno spazio di studio e di intervento operativo concreto.
Fra laltro, proprio la sostanza unitaria del concetto,
la sua natura di gestalt, rende la comunità
un oggetto privilegiato per uno sforzo interdisciplinare.
Tuttavia un oggetto complesso richiede sistemi di studio
e di intervento complessi. Abbiamo le risorse necessarie?
Una
comunità che studia la comunità
Abbiamo
cercato di fare dellArips una comunità mediante
diversi opzioni. La zona residenziale, lapertura a
tirocinanti, linvito a esterni a considerare
lAssociazione come un crocevia, lammissione
temporanea a presone in crisi: sono tanti tentativi
di fare dellArips una comunità, con le stesse caratteristiche
della comunità territoriale (magmatica, mutevole, confusa,
turbinosa). Questa scelta ci ha consentito di usare noi
stessi come oggetto studiabile, significante della comunità
territoriale. Tuttavia ci ha condannato ad una condizione
poco organizzativa e poco efficiente. A molti amici che
cercavano dallArips sicurezze e protezione abbiamo
invece offerto conflitti, insicurezza e oscurità. E
stato un errore? Dobbiamo considerare terminata la fase
di stato nascente ed istituzionalizzare lAssociazione,
oppure continuare a porci come oggetto speculare del nostro
oggetto centrale di ricerca? Oppure forse non abbiamo saputo
essere abbastanza comunità-movimento, rendendo un peso i
pur scarsi segni di organizzazione?
Una
cultura dellevaluation
Una
delle maggiori fragilità delle scienze umane, e ancor più
degli interventi sociali, riguarda la non-predittività me
dunque limpossibilità ad effettuare verifiche e valutazioni
di efficacia ed efficienza. Poiché le scienze umane non
sono predittive, gli interventi educativi, terapeutici e
sociali vengono effettuati senza alcun sforzo di verifica.
Ne risulta che gli interventi sociali, privi di supporti
giustificativi, vengono considerati artistici
e restano in balìa degli umori e dei poteri del momento.
A questo stato di cose lArips ha cercato fin dallinizio
una cultura della valutazione, non certo delle performance
individuali, ma delle qualità e dei dinamismi degli aggregati
umani. Il fatto che levaluation sia ancora approssimativa,
non ci sembra sufficiente a diminuire i modesti tentativi
messi in atto finora. Al contrario, crediamo che una cultura
della valutazione debba essere sviluppata sui ruoli professionali,
sulle organizzazioni sociali e perfino sul territorio. Gli
strumenti e le esperienze messe a punto in 5 anni inducono
a pensare che levaluation sia una delle chiavi di
volta sia dello sviluppo comunitario, sia della rifondazione
delle scienze e delle pratiche sociali.
Un
volontariato per la ricerca
Negli
ultimi anni il fenomeno del volontariato si è andato sviluppando
visibilmente. Oltre alla crisi del Welfare State, tale sviluppo
è stato incentivato da un ritrovato bisogno di solidarietà
oltre che da unesigenza di realizzazione mediante
servizi socialmente utili. Ma il volontariato, oltre che
una necessità storica ed un imperativo etico, si presenta
anche come diritto dei semplici cittadini, di essere protagonisti
compartecipi nelle azioni sociali che più direttamente li
riguardano, come la terapia, lassistenza, leducazione,
la cultura. LArips è un gruppo di ricercatori e operatori
volontari, che riafferma per tutti il diritto allo studio,
alla ricerca ed alla riflessione sui maggiori problemi individuali
e sociali. A fianco delle centinaia di gruppi che si impegnano
volontariamente per fare qualcosa, lArips
vuole essere un gruppo che si impegna volontariamente nello
studio e nella ricerca. E possibile tutelare ed allargare
questo diritto, di fronte alle spinte generalizzate verso
la delega alle istituzioni specializzate, ai chierici della
scienza, ai professionisti della merce culturale.
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