Chiunque abbia esperienza di t-groups, laboratori
sui climi o di comunità ha esperienza delle difficoltà
espresse dai partecipanti nel passare dal funzionamento
di piccolo gruppo quello di grande gruppo. L'appartenenza
ed i comportamenti del piccolo gruppo fanno premio sul
grande gruppo e si estendono dal micro al macro, disfunzionalmente,
come mera trasposizione. Quello che non sapevamo, era
che vale anche il contrario. Ora sappiamo che una preesistente
appartenenza al grande gruppo estende con forza la sua
influenza sui comportamenti nel piccolo gruppo, al punto
da ostacolarne la nascita o lo sviluppo.
L'esperienza di cui parliamo, è nata dalla
richiesta di realizzare un t-group residenziale per 3
gruppi formati da 25 allievi di un corso per "conduttore
di gruppo" e una decina di partecipanti esterni.
Il corso, che ha una durata di tre semestri, prevede 360
ore di presenza, e il t-group in questione è collocato
al termine dell'iter. Come da richiesta del cliente, i
partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi (ciascuno
comprendente da 2 a 4 membri esterni) e sono stati coinvolti
in 11 unità autocentrate di 90 minuti. I due terzi
dei partecipanti appartenevano al grande gruppo dei "partecipanti
al corso" costituito da oltre un anno attraverso
la condivisione di seminari e momenti extra-aula. Un terzo
si poteva considerare "esterno", anche se qualcuno
aveva già avuto qualche incontro occasionale col
grande gruppo.
La storia dei tre gruppi ha avuto un andamento simile,
caratterizzato da un forte resistenza alla sintalità
espressa da:
- una reiterata presenza dell' assunto di base che Bion
definisce di "accopppiamento"
- la persistenza dei ruoli attribuiti nel grande gruppo,
e quindi delle relazioni pre-esistenti fra i partecipanti
- un'alleanza sotterranea (dissimulata e negata) fra
i membri del grande gruppo tesa a controllare, assimilare
e reprimere i membri "estranei"
- la repressione o il rinvio ad altrove dei conflitti
pur presenti fra i membri del grande gruppo
- una sottomissione "passiva" dei membri esterni
ai nuclei di potere, tradotta in certi casi come gregarismo
ed in altri come auto-emarginazione
- un' evidente incapacità a trovare una sintesi
o un accordo su alcunchè, e, parallelamente,
una leadership di piccolo gruppo
- il ricorso ai rapporti di grande gruppo -preferiti
a quelli di piccolo gruppo - negli intervalli del lavoro
- costanti riferimenti a episodi e situazioni del corso,
cioè del grande gruppo, presentato come idilliaco
e fusionale
In conclusione, l'esperienza dimostra inequivocabilmente
che i grandi gruppi, anche non istituzionali, possono
assumere la forza di una "gestalt" e di un "campo
lewiniano", capace di modellare e influenzare i comportamenti
dei membri al punto da impedirne il cambiamento tramite
esperienze di piccolo gruppo. Questo rafforza l'ipotesi
dell'ARIPS che sia possibile utilizzare il grande gruppo
come setting di formazione.
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