Una delle ipotesi da cui era partita la sperimentazione
ARIPS era di valutare se e come il grande gruppo potesse
divenire un abito di apprendimento strutturato e, in questo
caso, in che cosa si differenziasse dal piccolo gruppo.
L'esperienza maturata, articolata su un impianto di lavoro
già consolidato nella prassi degli interventi ARIPS,
ha rappresentato una estensione concettuale e metodologica
delle logiche del piccolo gruppo, trasformate ed adattate
al grande gruppo.
In particolare, le variabili di tale "estensione"
concettuale e metodologica sono state: il ruolo del formatore,
il ruolo del partecipante, il ruolo della committenza.
Il ruolo del formatore.
L'approccio utilizzato è stato quello di uno stile
essenzialmente non direttivo, centrato sui processi. Solo
nei momenti in cui veniva richiesta una accelerazione
del processo, lo stile manifestava una direttività
più accentuata.
Altra dimensione particolarmente significativa è
stata l'autocentratura, piuttosto che la centratura sul
compito, utilizzato più come pretesto che come
obiettivo di apprendimento.
Lo stile utilizzato, percepito come "assente"
da parte del gruppo, ha manifestato alcuni limiti in termini
di apprendimento:
· La controdipendenza è stato lo stile adottato
presocchè ininterrottamente dal gruppo. Questo
ha portato ad una fuga difensiva nel piccolo gruppo nel
quale, la figura del formatore è stata assente
come elemento di guida del processo di apprendimento
· Il cambiamento di formatore ad ogni unità
ha accentuato il processo di fuga e di inefficienza.
Di fatto la fase di apprendimento si è verificata
sottoforma di "precipitato" nel corso dell'ultima
unità di lavoro in plenaria, dove i docenti hanno
recuperato uno stile direttivo ed interpretativo rispetto
all'accaduto.
Questo fatto rimanda all'ipotesi che nel grande gruppo
sia meno efficace un approccio non direttivo del formatore,
in quanto la dimensione rende difficoltosa l'autorganizzazione
dell'apprendimento e la sua strutturazione da parte di
macro aggregati.
Se è vero che il grande gruppo si struttura più
sul senso di appartenenza che sulla scambio relazionale,
allora il ruolo del docente dovrebbe ricalcare più
la figura del Leader, che del Maieuta.
Questa ipotesi pone la questione del suo rapporto e della
sua legittimazione da parte della Committenza (qualora
sia vissuta come espressione anche di leadership dall'organizzazione),
rispetto al gruppo.
Il ruolo del partecipante
Un elemento ricorrente e significativo, emerso durante
l'esperienza, è stato la manifestazione di un'ambiguità
rispetto alla percezione delle finalità dell'intervento
formativo.
Nonostante fosse stato scritto e comunicato ripetutamente
che si trattava di un percorso per apprendere a lavorare
in grande gruppo, numerosi sono stati i partecipanti che
hanno manifestato l'aspettativa di discutete e lavorare
su un argomento apparentemente diverso (il numero unico).
Si tratta di vedere quanto questo fatto, rilanciato anche
da qualcuno come tema di lavoro alternativo a quello proposto
dallo staff, rappresenti:
· una manifestazione di controdipendenza nei confronti
dei formatori "stranieri e assenti",
· una difesa del singolo per restare su un terreno
noto e rassicurante ed evitare di agire un proprio cambiamento
· un segnale di disconferma nei confronti della
Committenza (e quindi della leadership dell'associazione).
Un minimo comune denominatore rispetto a queste tre ipotesi
si può riscontrare nel fatto che l'operatore, che
di fatto svolge un lavoro un cui la componente "nutritiva"
nei confronti dell'utenza appare piuttosto marcata, ricercava
da questo intervento più una forma di "nutrimento"
nei suoi confronti, che l'occasione per rimettessi in
discussione.
E' probabile che nel grande gruppo sia favorita una modalità
di apprendimento reattiva, piuttosto che proattiva. La
componente cognitiva, quindi, assumerebbe un peso di maggiore
rilevanza, perché più facilmente gestibile
in un conteso privo di relazioni significative e pertanto
rassicuranti.
Il ruolo della committenza
All'esperienza formativa ha partecipato anche la committenza
reale dell'Associazione (costituita dai responsabili nazionali
dell'organizzazione). La sua presenza è avvenuta
senza particolari forme di contestualizzazioni (presentazioni,
prolusioni iniziali, ecc.) e ha avuto, pertanto, una presenza
formalmente indifferenziata dagli altri intervenuti.
La mancata dichiarazione di "diversità"
può essere spiegata dalla volontà dei responsabili
di partecipare nel gruppo e con il gruppo, senza influenzare
le dinamiche in virtù del ruolo ricoperto.
Tale silenzio ha segnalato, però, una abdicazione
della leadership a favore dello staff dei docenti, che
tuttavia non era riconosciuto in tale veste dal gruppo.
La mancanza di una leadership contingente e visibile ha
privato il gruppo di un riferimento identitario in termini
di appartenenza, portando i singoli a ripiegare su comportamenti
difensivi di fuga nel piccolo gruppo e di controdipendenza
agita nei riguardi dello staff.
Questo suggerirebbe la necessità che, nelle situazioni
di apprendimento di grande gruppo, la leadership dell'organizzazione
(qualora sia riconosciuta come tale) venga formalmente
trasferita nello Staff di docenza per dare continuità
nell'identità del gruppo. La situazione formativa,
di per sé destabilizzante, abbisogna di punti di
riferimento per il singolo, affinché non accentui
il suo atteggiamento difensivo e quindi di inibizione
all'apprendimento: nel piccolo gruppo può essere
la relazione tra pari e la possibilità di esercitare
un potere condizionante; nel grande gruppo può
essere l'identificazione nella leadership e l'accentuazione
dell'appartenenza.
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