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20 anni di lavoro - ARIPS 1978 -1998
NUOVE FRONTIERE DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE
LA PSICOLOGIA OSPEDALIERA TRA PRESENTE E FUTURO

G.Trabucco - L.Nadalini
AZIENDA OSPEDALIERA di VERONA
OSPEDALE CIVILE MAGGIORE
DIVISIONE DI NEUROLOGIA
Primario: Prof. Giuseppe FERRARI
MODULO di PSICOLOGIA CLINICA
Resp. Dr G. Trabucco


Negli ultimi vent’anni la psicologia è entrata a pieno titolo nei servizi socio-assistenziali del territorio e negli ospedali generali, sulla spinta di profondi cambiamenti intervenuti, legati al sapere scientifico, ad aspetti culturali, sociali ed assistenziali, che hanno modificato il significato da attribuire allo stato di benessere e di malattia comprendendo gli aspetti biologici, psicologici e sociali.
Le radici di questo cambiamento sono da ricercare negli anni 70 quando, in conseguenza delle modificazioni in atto, sono state emanate numerose leggi tra cui la n.405/75 (Istituzione dei C.F.) e la n.833/78 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale), che hanno recepito la domanda di passare da un sistema sociale ed assistenziale ad un altro, di integrare il sociale e il sanitario e di collegare il territorio e l’ospedale con l’obiettivo di curare l’individuo in modo interdisciplinare. E’ emersa cioè la consapevolezza che l’individuo malato deve essere curato come persona e non più come organi o parti del corpo malate; in questo principio sta il significato della psicologia in ospedale tuttavia, per certi aspetti, essa può essere considerata ancora una nuova “frontiera” da raggiungere perchè è variamente organizzata, non estesa a tutti gli ospedali e in talune realtà viene intesa persino come una miglioria, un’opzione, qualcosa in più da offrire agli ospiti.
L’esperienza di malattia ed il ricovero ospedaliero, comportano una serie di importanti modificazioni. Il passaggio dal benessere allo stare male, rende ogni persona fragile e spaventata, emergono bisogni, affetti ed emozioni che possono incidere sulla capacità di sopportare l’esito degli accertamenti diagnostici, la stessa diagnosi e le terapie.
Sul piano individuale, ieri come oggi ammalarsi significa quasi le stesse cose. La condizione di malattia, minaccia l’equilibrio personale, intacca l’autonomia, la sicurezza, le abitudini e stimola l’incertezza verso il futuro, scatena la paura del dolore e l’angoscia di morte.
Il ricovero impone, temporaneamente, una sospensione della capacità di decidere, il passaggio dall’essere in piedi-attivi al restare a letto-passivi e mettersi nelle mani di qualcuno. Tuttavia ciò che è profondamente cambiato nei malati, rispetto a vent’anni fa, è la consapevolezza dei propri bisogni e la possibilità, benché ancora parziale di poterli soddisfare (vedasi: consenso informato, carta dei diritti del malato ).
Negli stessi anni, e forse non a caso, la Psicologia ha avuto un definitivo riconoscimento legislativo come scienza autonoma (L. n.56/89) che usa strumenti, tecniche e modalità operative proprie, ben distinte da altre professioni e attività, sebbene fosse già entrata a fare parte da tempo delle professioni previste (L.n.431/68 per l’assistenza psichiatrica) e sia stata inserita a pieno titolo nel Sistema sanitario Nazionale.
La centralità della persona, come obiettivo d’intervento, impone di valorizzare una dimensione fondamentale di ogni “relazione d’aiuto” com’è quella medico-sanitaria, ossia il rapporto terapeutico e il contesto istituzionale in cui si svolge.
L’Istituzione ospedale ha una compito assimilabile a quello della famiglia umana: salvaguardare la prole e salvarne la sopravvivenza. Inoltre, essa rappresenta il luogo della speranza, del dolore e del fallimento, che riguarda in prima persona gli individui ammalati ma anche il gruppo di lavoro che se ne occupa, ossia particolarmente i medici e gli infermieri.
L’ospedale quindi è uno spazio fisico, ma anche un luogo psicologico ove nascono e si sviluppano molti affetti ed emozioni. Nella realtà odierna, la gestione di questi aspetti è ancora prevalentemente lasciata alla “comprensione” e alla “disponibilità” dei singoli.

Tale disponibilità, benché pregevole, non è comunque sufficiente a garantire le risposte adeguate da dare ai bisogni dei pazienti, dei loro familiari e a favorire la comunicazione tra gli operatori; l’esposizione continua ad affetti intensi, se non viene compresa ed elaborata, interferisce con la capacità del gruppo di lavoro di separare le proprie emozioni da quelle dei pazienti esponendoli ad un grave rischio di burn-out; nei pazienti invece comporta: aumento della conflittualità, diminuzione della compliance comprese le sequele psicopatologiche.
Questa evenienza può essere superata se, il rapporto operatore-paziente, viene restituito al ruolo di centralità durante tutto il processo di cura. E’ importante quindi diventare consapevoli di ciò che avviene nella relazione d’aiuto, di quali siano i bisogni espressi dai pazienti e del modo più adeguato per poterli affrontare. In altri termini significa migliorare la qualità dell’assistenza e ridurre i costi emotivi personali che, nel corso del tempo, si traducono in importanti costi economici e avviare un vero processo di “umanizzazione” dell’ospedale.
Il Servizio di Psicologia Ospedaliera, aggregato alla Divisione di Neurologia presso l’Ospedale Maggiore di Verona, nel quale lavoriamo fino dal 1978, quando è nato, ha sempre sviluppato le proprie attività separatamente dai servizi psichiatrici, istituiti solo successivamente.
Sebbene lo scopo fosse quello generico di "fornire una risposta ai bisogni dei malati”, l’attività si è sviluppata presto a vari livelli rivolgendosi a:
1) l’individuo malato angosciato e in crisi;
2) in rapporto ai familiari ;
3) in rapporto con gli operatori del reparto presso cui è inserito, con attenzione al benessere dell'ammalato e del gruppo che se ne occupa
Lo strumento più eflìcace per migliorare l’assistenza e per prevenire lo stato di stress negli operatori è risultato essere la formazione psicologica di base. Noi privilegiamo il lavoro di gruppo con gli operatori, per aiutarli ad osservare cosa succede nella relazione con i pazienti e a conoscere quali siano i bisogni e gli affetti espressi. Lo scopo è di istituire, in seguito, presso il reparto un gruppo di lavoro finalizzato non solo alla conoscenza, ma anche a trovare le soluzioni concrete ai problemi specifici dei pazienti e a migliorare l’efficacia e l’efficienza delle prestazioni.

Questa modalità operativa definita "Integrata" ha portato a risultati molto significativi sia per i pazienti che per gli operatori, sul piano professionale, personale, organizzativo ed econotnico e vantaggi in termini di risparmio per la stessa Azienda, in quanto ha limitato il turn-over, diminuito le assenze per malattia, migliorato il clima di reparto, aumentato il livello delle prestazioni, ecc., (G.Trabucco, M.C.Magagnotti, Emodialisi e bisogni psicologici - un modello "integrato" di risposta assistenziale, Edises, Napoli, 1995 ).
Tale Modello d’intervento, è risultato particolarmente efficace nelle aree cosiddette “critiche”, ovvero malattie gravi, croniche o che lasciano degli esiti permanenti.
Infatti, nell’anno in corso siamo impegnati, oltre con le normali consulenze ai vari Reparti dell’Ospedale Maggiore, soprattutto con programmi d’intervento specifici con alcune Divisioni, Cliniche e Servizi che sono di area critica: Malattie del Ricambio - Endocrinologia, Chirurgia Generale, Chirurgia Plastica, Centro Ustioni, Neurologia, Dialisi, Patologia Neonate, Rieducazione Funzionale, Rianimazione A, Dermatologia.
Il futuro della Psicologia Ospedaliera è investire su questa realtà, rappresentata dai bisogni degli individui, dalla loro consapevolezza e dalla necessità di offrire un’assistenza qualificata, efficace, capace cioè di contrastare l’improvvisazione e di adeguare anche i costi con i possibili benefìci.
Per poter mantenere un impegno così articolato, è necessario che ogni Servizio di Psicologia venga dotato di un numero di Psicologi adeguati a garantire le attività, che la Psicologia Ospedaliera si integri con le altre specialità in ogni Ospedale che presta cure in “area critica” e che venga organizzata in modo autonomo.
Dotare di senso i bisogni dell’individuo, legati all’angosciosa esperienza di malattia, nel contesto ospedaliero, è una via intrapresa ed un traguardo raggiungibile.