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20 anni di lavoro - ARIPS 1978 -1998
LA QUALITA' DELLE COMUNITA' TERAPEUTICHE: ORGANIZZAZIONE, OPERATORI, METODI
QUASI UNA QUESTIONE MORALE.... O UNA PROVOCAZIONE?
Margherita Sberna


Il concetto dì ‘comunità terapeutica" è la sintesi di elementi contradditori non ancora pervenuti ad una sintesi equilibrata e soddisfacente né nei fondamenti teorici, né nella prassi operativa. La situazione può essere comprensibile, data la brevità dell’esperienza, ed i contrasti “in orizzontale’’ fra gli operatori, da un lato, i teorici dall’altro, i legislatori dall’altro ancora.
Esistono però delle costanti e delle ambiguità che sono presenti in tutte le comunità terapeutiche e che ne hanno segnato l'esistenza nel bene e nel male. Su di esse occorrerà lavorare per entrare più sicuri nel secondo Millenio.

Perbenismo e lavoro
Col primo termine mi riferisco alla discriminazione fra bene e male -connessa all’uso di droghe- che determina praticamente la nascita delle comunità. Col secondo penso al lavoro come attività di scambio, in cui ad una prestazione corrisponde un compenso concreto.

Società ambigua e ambivalente
I parametri di riferimento che rendono accettabili i comportamenti umani sono strettamente connessi alla cultura e ai costumi della società in cui si vive. Dunque si evolvono nel tempo e sono frutto di consuetudini di vita che si modificano attraverso l'interazione. In più. ad aggravare la situazione, la società “normativa” in molte sue manifestazioni, non offre modelli, come se le affermazioni di principio fossero più importanti delle azioni.

Prestazione professionale e implicazioni emotive
II contesto concettuale e concreto della comunità richiama rapporti interpersonali significativi; la prestazione professionale impone una distinzione e una separazione dell’aspetto personale. Ma il tipo di attività che si svolge nelle comunità terapeutiche richiede, per avere successo, l’uso in termini professionali della propria emotività.

Diversità individuali e normative uguali per tutti
L'individualità di ciascuno non solo va rispettata, ma va valorizzata e riconosciuta come risorsa per la persona in se stessa, ma anche per tutta la comunità. Ma è pur vero che regole uguali per tutti sono necessarie alla convivenza ed al rispetto reciproco. Dove stanno i confini fra le due zone?

Costrizione iniziale e motivazione per l’evoluzione
Le comunità terapeutiche avrebbero certo meno utenti se non esistesse un sistema coercitivo di “reclutamento”. Ma soltanto nel caso in cui si riesce a trasformare questa situazione di partenza in desiderio di apprendimento, di evoluzione, di cambiamento si ottengono risultati soddisfacenti.

Valutazione e costi
La normativa tende ad evidenziare per la valutazione, soprattutto o soltanto le questioni formali. A questa tendenza
non corrispondono investimenti economici in grado di coprire le necessità da questo punto di vista. Le Comunità
Terapeutiche che intendono controllare anche la qualità del loro intervento non hanno i mezzi finanziari per poterle
garantire. Ancora oggi i costi della formazione del personale interno sono totalmente o quasi a carico delle CT. La
scelta di utilizzare personale già qualificato è per ora quasi del tutto impercorribile per i bassi stipendi e la precarietà delle situazioni.

PAROLE CHIAVE PER IL FUTURO
marketing = farsi conoscere, ma anche diffondere la propria “filosofìa di vita”
sperimentazione = proporre iniziative educative di breve durata a giovani in crescita o ai genitori
formazione polivalente = avvalersi di professionisti spendibili in contesti e con funzioni diverse
apertura sul territorio = promuovere strategie di cambiamento più ampie che coinvolgano a macchia d’olio