contattaci
GIORNATA DI STUDIO FORMAZIONE PSICOLOGICA SULLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA DEGLI PSICOLOGI La psicologia attribuisce importanza,
valore, alla conoscenza del fenomeno umano, alla cura del disagio
psichico, alla consapevolezza, al benessere soggettivo, allo
sviluppo personale, alla qualità delle relazioni interpersonali
e tra ruoli. Per realizzare tali valori
cerca di descrivere, spiegare, interpretare il comportamento,
il funzionamento mentale ed affettivo a livello individuale,
gruppale e sociale. Tale ricerca si avvale sempre
più del metodo scientifico per aumentare la propria efficacia,
la propria legittimazione accanto alle altre scienze, la propria
credibilità presso i clienti, l'ostensibilità dei propri risultati. A questo proposito mi pare
che sia in atto una metamorfosi, rilevante per la psicologia
e per la formazione degli psicologi, che vorrei delineare prendendo
spunto da un racconto. Ai tempi delle crociate viveva
un sant'uomo che trascorreva la sua vita nella preghiera e nell'amore
del prossimo e che, essendo venuto a sapere che la Terrasanta
si trovava sotto la signoria dei mussulmani, decise di unirsi
alle milizie cristiane che partivano per liberarla. Ma presto
si convinse che sarebbe stato veramente di aiuto se si fosse
impratichito nell'uso delle armi, rinunciando ad un po' delle
sue preghiere e delle sue opere di bene. E poiché i nemici erano
molto abili, per aver ragione di essi finì col dedicare tutto
il suo tempo all'arte della guerra, ricordandosi della propria
fede solo nei sogni ed infine neppure più in quelli. Per difendere
il cristianesimo aveva cessato di essere cristiano. L'efficacia
dello strumento con cui si proponeva di onorare la propria fede
era diventato il suo scopo. Da mezzo, l'arte militare era diventata
fine. Con le dovute riserve, la psicologia
corrisponde a quel sant'uomo, la metodologia scientifica all'arte
militare. Detto alla buona: per affermarsi, la psicologia si
serve del metodo scientifico, ma la necessità di rendere sempre
più efficace la strumentazione tecnologica di ricerca e di
intervento fa sì che lo scopo principale della psicologia consista
sempre meno nei valori dichiarati, o presunti, e sempre di più
nel potenziamento degli strumenti con cui essa voleva realizzarli.
É dunque in atto un processo che subordina gli scopi ed i valori
della psicologia al potenziamento indefinito dell'apparato scientifico-tecnologico. Congruentemente, la formazione
degli psicologi riguarda sempre meno gli scopi ed i valori originari
della psicologia e sempre più i dispositivi metodologici atti
a conseguire detti scopi e valori. Riguarda cioè gli strumenti
di misura, il calcolo, i processi di elaborazione e di trasmissione
delle informazioni, i linguaggi necessari per comunicare all'interno
dell'apparato scientifico-tecnologico transnazionale che domina
su tutto: gli apparati opprimono, ma sono anche le condizioni
di sopravvivenza e di sicurezza. In questo percorso verso una
sempre più consolidata legittimazione culturale, la psicologia
è rimasta in parte ancorata ad assunti di matrice positivista
(obiettività, causalità, neutralità, razionalità, ecc.) e ad
una concezione di "scienza" analoga a quella adottata
emblematicamente dal management nella prima parte del nostro
secolo, quando appunto amava definirsi Direzione Scientifica,
Scientific Management. In questo senso si potrebbe dire che
la psicologia scientifica sta alla psicologia come lo scientific management
di tayloristica memoria sta al management. Come già è avvenuto nelle scienze
del management, anche nella psicologia si manifesta un certo
distacco da teorie onnicomprensive, l'adozione di modelli contingenti,
l'opzione per approcci sistemici più adeguati rispetto alla
complessità dei fenomeni; ma anche si continua a ridurre l'oggetto
di studio a quanto è studiabile secondo i canoni delle scienze
esatte. Per certi versi, è la bontà del metodo a definire l'oggetto:
radicalizzando, l'oggetto diventa un pretesto per affermare
l'eccellenza del metodo. Ciò vale soprattutto per la
psicologia accademica, e proprio qui avviene la formazione degli
psicologi. Oggi l'Università è il più
autorevole luogo di formazione degli psicologi, nel senso che
è riconosciuta la sua legittimità a formare, produrre, psicologi
(solo la nostra Facoltà produce oltre 900 psicologi all'anno).
E l'efficacia con cui l'Università svolge tale funzione ne
legittima ulteriormente il potere di influenzamento e di orientamento
sugli studenti. L'Università ha fondamentalmente
due scopi: la promozione della ricerca scientifica in funzione
di nuova conoscenza e la preparazione degli studenti ad un ruolo
professionale nella società presente e futura. La formazione
degli psicologi intesa come sviluppo delle conoscenze, delle
capacità e degli atteggiamenti, è associata prevalentemente
al primo scopo, è cioè prevalentemente di tipo disciplinare
e di ricerca, e solo in parte orientata alla soluzione dei problemi
teorici e pratici della società di oggi e di domani. Comunque, l'Università di cui
io ho esperienza costituisce un apparato sostanzialmente idoneo
a realizzare gli scopi di formazione che la società si attende
e che i soggetti interessati intendono perseguire. Sulla base
di tale riconoscimento vorrei ora evidenziare alcuni dei nodi
problematici che sarebbe opportuno analizzare e risolvere per
migliorare la qualità del processo e del prodotto di formazione. In primo luogo, la separazione
accademica tra psicologia e psicologia applicata esprime ancora
oggi l'assunto secondo cui la psicologia dovrebbe avere i connotati
una volta auspicati per la sposa veneta: che piasa, che
tasa, che staga in casa. Così la psicologia pura consiste
in ricerche molto belle, fatte bene (che piasa), non prende
posizione né mette in discussione problemi socialmente rilevanti
(che tasa), non si allontana dai laboratori né instaura significative
relazioni extra universitarie (che staga in casa). E, per differenza,
la psicologia applicata, impura, sembra una meretrice più che
una sposa, una psicologia serva, più che una psicologia che
serve. Tale assunto legittima forse una psicologia applicabile,
preferibilmente nell'ambito assistenziale della diagnosi e della
cura, ma ostacola la formazione professionale di psicologi impegnati
nella soluzione dei nuovi problemi che nascono, accanto al benessere
ed allo sviluppo, dal travaglio della nostra società post-industriale. In secondo luogo, vige ancora
la storica dicotomia della psicologia tra mondo accademico e
mondo professionale, sostenuta da una cultura organizzativa
di tipo endogamico e da un assetto normativo che
disincentiva le relazioni tra Università e contesto economico-sociale.
Recenti segnali annunciano che - a prescindere da quanto viene
verbalmente dichiarato - di fatto tale separazione tende a rinforzarsi
ulteriormente (ad esempio, i più recenti convegni delle associazioni
di psicologi sono o marcatamente accademici - quasi delle passerelle
in vista dei concorsi universitari - oppure marcatamente professionali,
quasi delle occasioni di promozione commerciale se non sindacale). In terzo luogo, anche la tradizionale
polarizzazione tra psicologia clinica da un lato
e psicologia sperimentale dall'altro
ostacola la formazione psico-sociale a specifici ruoli
professionali. Don Ferrante, ne I Promessi Sposi, sostiene
che la peste non esiste perché non è sostanza né accidente (ma
poi muore di peste). Analoga è l'opinione secondo la quale la
formazione psico-sociale non esiste perché non è né training
clinico (nel senso di terapeutico), né training sperimentale
(nel senso della ricerca scientifica). In quarto luogo, la formazione
al ruolo di psicologo
è resa difficile anche dalla carenza di training professionale,
quale potrebbe invece avvenire nell'ambito di servizi universitari
rivolti ad utenti o clienti esterni (come avviene, ad esempio,
per medicina), o in ambiti analoghi. Gli attuali tirocini post
lauream costituiscono solo a volte, ed in parte, un tardivo
rimedio. Infine, emblematicamente, lo
stesso impianto architettonico o il layout dei luoghi adibiti
alla formazione universitaria - articolato in aule di didattica,
di studio individuale ed in laboratori - sancisce la scarsa
rilevanza attribuita a luoghi appositamente predisposti per
il lavoro di gruppo, per situazioni di scambio e di comunicazione
all'interno e con l'esterno, per specifici setting di formazione
psico-sociale. Tra gli aspetti positivi, invece,
un interessante fattore di innovazione sono i programmi
di formazione denominati Erasmus, Socrates, Tempus, Alfa e Leonardo,
orientati alla circolazione di esperienze e di idee, in particolare
tra i diversi paesi europei. E ciò è molto importante
per la psicologia italiana che soffre - o gode, secondo i punti
di vista - di una forte dipendenza dalla psicologia made in
U.S.A. Inoltre, per quanto riguarda
la formazione universitaria post lauream in psicologia, i Corsi
di Perfezionamento e le Scuole di Specializzazione forniscono
opportunità di apprendimento e di training più
connesse alla pratica professionale ed alle richieste
del mercato del lavoro (seppure ancora, prevalentemente, del
lavoro clinico e psicoterapeutico, in aggiunta alle 40 scuole
private di psicoterapia riconosciute oggi in Italia). Rebus sic stantibus, la formazione
degli psicologi dipende in misura rilevante dagli stessi studenti
di psicologia: ogni singolo studente è titolare di un progetto
di benessere; ogni studente può costruire il proprio futuro
personale e professionale. Perché un grande sogno si realizzi,
occorre anzitutto avere un grande sogno, ma oggi per gli studenti
è molto difficile trasformare sogni, desideri, in progetti realistici. Sanno che non li aspetta un
posto fisso: non un posto, perché il lavoro sarà sempre meno
un luogo dove svolgere mansioni e sempre più una rete di relazioni
in funzione di obiettivi; e non fisso, perché multimedialità
e telelavoro cambieranno la morfologia delle organizzazioni,
mentre il mutare dei bisogni e dei servizi cambierà i contenuti ed i contesti lavorativi anche
per gli psicologi. Sanno che la generazione che
li ha preceduti ha dissipato
risorse finanziarie, ambientali e culturali, e che dovranno
provvedere da sé al proprio futuro. Sanno che gli scenari socio-politici
sono imprevedibili. Sanno che i valori certi ed
immutabili della nostra tradizione sono tramontati e che aumenterà
l'incertezza. Sanno che non basta sapere,
ma che occorre pensare, conoscere, innovare, inventare. Con questa consapevolezza
una parte degli studenti - la parte migliore - sta realizzando
ed elaborando propri progetti di formazione, avvalendosi delle
molte opportunità che l'Università fornisce in termini di struttura,
di organizzazione, di tecnologia, di attività didattica e di
ricerca, di possibilità di incontro e di studio. Dico una
parte perché gli studenti non sono tutti uguali. Parafrasando scherzosamente
una classica tipologia di origine mafiosa,
gli studenti universitari possono essere classificati
in cinque tipi: Persone che studiano, Studenti, Studentelli,
Ruffiani e Quaquaraquà. Il V° tipo, il quaquaraquà,
è un iscritto senza senso: parla senza sapere né di cosa né
perché sta parlando. Oppure tace e socchiude gli occhi, con
l'aria di guardare in fondo a se stesso: per vedere se c'è.
Ma non c'é. E' questo il dramma dei quaquaraquà: nessuno all'interno. Il IV° tipo, il ruffiano,
è quello che astutamente si dà da fare per arrivare comunque
alla laurea. Si adegua acriticamente ad ogni corso, si prepara
le risposte alle domande d'esame, cerca di compiacere i docenti
più narcisisti: il massimo rendimento con il minimo sforzo. Il III° tipo, lo studentello,
è presente a lezione, prende appunti, legge tutti i libri prescritti:
memorizza, assimila, apprende. Dilaziona l'impatto con la vita
adulta. Il II° tipo, lo studente,
fa vita universitaria: non solo partecipa attivamente a lezioni
e seminari, ma fa anche intensa vita sociale: si
diverte, si accoppia, discute, fa parte di gruppi, studia,
pensa al futuro, critica, propone. Il I° tipo, la persona
che studia, non solo si avvale delle opportunità fornite
dall'Università, ma coltiva anche altre occasioni di crescita
personale e professionale: partecipa a convegni, fa stage all'estero,
più o meno occasionalmente lavora, frequenta le librerie e compera
libri non prescritti per gli esami. Cerca anche altri luoghi
di formazione, altri gruppi sociali, altre esperienze ed altri
apprendimenti. Custodisce l'autonomia di giudizio e la libertà
di pensiero. Per la funzione didattica e
di orientamento si tratta di cinque target diversi, che richiedono
servizi e prodotti differenti e differenti modalità di relazione.
Ciò complica un po' le cose, ma anche le arricchisce e rende
più vario il lavoro di docente. Solo con alcuni dei suddetti
tipi è possibile instaurare un setting propriamente di formazione
al ruolo di psicologo; con altri è più difficile, ed è più realistico
operare in termini di insegnamento, di informazione, di guida
allo studio e di controllo dell'apprendimento conseguito. Al
limite, vale il detto dell'Università di Salamanca,
secondo cui Quod natura non dat, Salamanca non
praestat. Non dunque per tutti, ma per
molti giovani uomini e donne è già in atto un processo di formazione
scientifica e professionale, una sorta di auto-formazione, o
di formazione spontanea che emerge dall'interazione tra gli
attori in gioco nell'ambiente universitario ed extrauniversitario. Alcune persone più di altre
- per il ruolo che svolgono nell'università, nell'ordine professionale,
nelle varie forme associative - sono responsabili del processo
di formazione psicologica. Ad esse compete sostenere e facilitare
tale processo compatibilmente, per quanto possibile, con l'inversione
tra mezzi e fini cui accennavo all'inizio di questo intervento. Gli esiti operativi di tale
formazione ed auto-formazione devono corrispondere ad elevati
livelli di qualità, ma non sono predefiniti. Anzi, saranno esiti
nuovi, inauditi (nel senso di mai uditi prima), in funzione
della discrezionalità dei soggetti, della loro autonomia di
giudizio. Nonostante l'omologazione e
la normalizzazione in atto in molti contesti sociali e lavorativi,
discrezionalità ed autonomia possono ancora svilupparsi con
le risorse ed entro i vincoli dell'istituzione universitaria,
in quanto essa ha come proprio fondamento la libertà. Proprio per questo fondamento
istituzionale, concludo richiamando l'antico motto dell'Ateneo
in cui oggi siamo, con la speranza che valga ancora per il nostro
futuro: Universa universis patavina libertas. |