Il Laboratorio on line è stato realizzato,
nonostante qualche difficoltà tecnica.
E' stato ideato per dare un contributo alla giornata su
"Le scienze e le professioni sociali in Rete".
Una delle domande poste per stimolare la riflessione era:
"La rete ha favorito lo sviluppo o affrettato il declino
delle professioni sociali?" La risposta è secondo
me: "Sono mancati i contatti fra le due entità
(rete // scienze e professioni sociali) a svantaggio degli
operatori sociali".
Come del resto accade nella società odierna, l'attenzione
è centrata sulle novità e sui giovani piuttosto
che sugli adulti o, anche peggio, sugli anziani. La rete
rappresenta il nuovo, in continua e supersonica evoluzione,
che vuole reinventare il mondo, senza tenere in conto i
dati, le pratiche, i consigli, che derivano dall'esperienza.
D'altra parte chi è convinto di non aver niente da
imparare è poco aperto alle novità e limitatamente
creativo rispetto alle nuove opportunità.
Sfrontatezza da un lato e paura, preoccupazione, timidezza
dall'altro.
Da un lato: a che serve uno psicologo o un educatore, se
posso confrontarmi con migliaia di persone sul web? Dall'altro:
come posso interagire con un "buzzurro" che parla
solo di banalità e che raramente si accorge di chi
gli sta intorno?
Credo che occorra superare questa dicotomia perchè
le due parti si integrino valorizzando il patrimonio di
ciascuna e stimolando nuovi percorsi che tengano conto della
reciproca esistenza.
Il Lab è una sperimentazione in questa direzione.
Sono soddisfatta dell'esperienza che ha messo
in luce come le dinamiche di gruppo si svolgano senza grandi
differenze con la situazione tradizionale, di persone che
condividono lo stesso spazio.
Quando abbiamo iniziato questa ricerca nel 1997 eravamo
motivati dal desiderio di trovare alternative ai tagli agli
investimenti che si stavano facendo a livello generale nell'area
della formazione e al disinteresse a livello individuale
nel partecipare ad iniziative rese più costose dalla
necessità di spostarsi fisicamente dalla propria
residenza. Ora a questi problemi si sono aggiunti il Covid19
e la crisi economica.
Le piattaforme informatiche che oggi esistono e il cui uso
è stato promosso ed enfatizzato dalla pandemia, migliorano
sicuramente l'ambiente formativo: vedersi e soprattutto
parlarsi anzichè essere costretti a scrivere per
comunicare è un bel cambiamento e rende meno faticoso
il lavoro. Gli apprendimenti sono possibili, così
come l'espressione delle emozioni, questa volta "leggibili"
anche sui volti dei partecipanti e nel tono di voce.
La tecnologia aiuta, ma va migliorata sia come strumenti,
sia come connessioni. Così come imparare ad usarla
meglio.
La mia idea di partenza era certamente megalomane:
fare un lab on line con 9 gruppi, pure nella versione più
modesta avrebbe richiesto almeno 54 partecipanti. Per un
minimo di relazioni anche de visu i gruppi non possono avere
meno di 6 membri a cui si aggiunge un conduttore-facilitatore.
C'era però un elemento che sosteneva il mio sfrenato
entusiasmo: l'esperienza dell'isolamento che aveva tenuto
per due mesi le persone in casa, costringendole ad usare
strumenti digitali almeno per mantenere i contatti extra-familiari:
pareva esserci tanto tempo vuoto che si poteva utilmente
occupare esercitandosi! Ed inoltre ero convinta che i diversi
professionisti del sociale, psicologi di vari orientamenti
e specializzazioni in testa, avessero continuato a fare
il loro lavoro attraverso internet. Da più di 20
anni in ARIPS pensavamo che questa fosse la strada del futuro
e la catastrofe del Covid19 aveva prodotto un cambiamento
importante e positivo in questo senso.
Secondo me.
I fatti hanno detto diversamente.
Ero talmente convinta di avere ragione che per 2/3 del tempo
la promozione è stata fatta con destinatari selezionati,
che avevano mostrato interesse per l'area umanistica e sociale,
addirittura con colleghi che dichiaravano di volersi inoltrare
nella sperimentazione dell'applicazione del web alle loro
pratiche e metodologie.
In realtà al secondo invito hanno risposto poco più
della metà dei primi aderenti. Di questi, alcuni
che avevano dichiarato di iscriversi con un gruppo di loro
referenti sono spariti nell'imminenza del lab.
Altri non hanno dato il loro consenso alla registrazione
delle unità di lavoro non restituendo la liberatoria,
escludendosi così di fatto dall'esperienza. E dei
rimanenti, alcuni non si sono proprio presentati ed altri
hanno partecipato saltuariamente.
In definitiva hanno partecipato continuativamente in 13,
lavorando sempre in plenaria: dunque un piccolo gruppo.
PERCHE'? Forse
- perchè le connessioni non funzionano bene
- perchè è stato pesante dover stare su internet
e per tanto tempo durante l'isolamento per il covid
- per resistenze psicologiche
- per competizione con i proponenti
- per mancanza di voglia/per disinteresse
I mea culpa:
- forse dovevamo esplicitare da subito che piattaforma avremmo
usato per consentire ai partecipanti di allenarsi
- forse dovevamo usare un'altra piattaforma, più
stabile
- forse avremmo dovuto comunicare la composizione dei gruppi
- forse avremmo dovuto far pagare la partecipazione
- forse il tempo era troppo poco per svolgere il compito
assegnato
- forse dovevamo mantenere la struttura dei gruppi prevista
all'inizio e usare la plenaria eccezionalmente
- forse...............
Forse sono antiquata, ma credo che un po' di "iniziativa
privata" sia utile in molte occasioni insieme alla
curiosità.
Certo una situazione nuova, con in più qualche elemento
di difficoltà, richiede energia, investimento emotivo,
ma consente apprendimenti ed apre nuovi scenari.
L'apprendimento è una conseguenza di tentativi ed
errori che portano cambiamenti non sempre facili da metabolizzare.
Nel nostro caso ciascuno dei partecipanti è stato
messo alla prova fin da subito, dall'avvio della promozione,
parecchio tempo prima che il laboratorio avesse inizio.
Lo "sforzo" è stato continuo, fino alla
conclusione del seminario, e non sempre i partecipanti hanno
utilizzato tutte le loro potenzialità disponibili,
per motivi diversi legati alle dinamiche o alle scelte personali.
Credo che questo si spieghi con la presenza di resistenze
psicologiche che hanno impedito di fare sperimentazioni.
Trattandosi di una situazione protetta, i partecipanti che
hanno preso parte a tutto il laboratorio, potevano confrontarsi
senza il pericolo di conseguenze dannose, come se fossero
su un simulatore di volo per imparare a pilotare un aereo.
Pensando di ripetere l'esperienza migliorata dalle loro
prove ed esplorazioni. Quando ho iniziato il percorso per
diventare un formatore psicosociale, questa era l'indicazione
costante: prova comportamenti nuovi e diversi dall'usuale,
controlla le reazioni che scatenano, riflettici; e poi correggi,
se serve, e riprova. Così ti conoscerai meglio, riuscirai
a controllare meglio le tue azioni e imparerai ad adattarti
alle situazioni più diverse, agendo in modo funzionale
per i tuoi obiettivi. Certo ci vuole comunque un po' di
coraggio per accettare il rischio, benchè minimo,
di questi momenti. Ma non danneggi nessuno e anzi, ti migliori.
Dopo la prima unità di apertura del seminario con
numerose difficoltà tecniche, lo staff aveva rimandato
l'avvio del lab e istituito un servizio di aiuto che è
stato sottoutilizzato, come se ci si arrendesse alla prima
difficoltà o se, comunque, i "disturbi"
fossero intollerabili o enormemente disincentivanti.
I messaggi scritti usati durante la promo per l'assegnazione
ai gruppi, per le istruzioni d'uso della piattaforma, per
comunicare la simulazione, sono stati letti da alcuni partecipanti
con superficialità o del tutto dimenticati: per esempio
per alcuni era sconosciuto il gruppo di appartenenza.
Parlare uno per volta è invece stato facile da imparare
perchè la piattaforma praticamente non consentiva
di "parlarsi sopra". Invece con la scusa dello
strumento imperfetto, non sono state agite azioni tipiche
dei seminari in presenza: per esempio non si è rimasti
nell'aula dopo l'uscita dello staff; non sono stati richiesti
riferimenti tipo telefono e mail per contattarsi anche in
altro modo a coppie o a gruppetti. La suddivisione di partenza
negli organismi di Psicopolis e in gruppi esterni non è
stata utilizzata per creare un minimo di coesione fra partecipanti
sconosciuti fra loro, ma vicini per la scelta iniziale compiuta.
Addirittura chi si conosceva da prima ha evitato di esplicitarlo.
Sono state usate quasi sempre modalità oppositive
o frenanti sia a livello individuale che di gruppo, più
tese a proteggersi che ad esplorare. Forse l'interesse era
quello di primeggiare in un gruppo di pari o forse era proprio
lo strumento usato e la registrazione di quanto avveniva
a preoccupare aumentando le resistenze e le difese. Certo
le storie che si raccontano sull'uso di immagini e video
sul web parlano anche di vite rovinate e di danni imprevedibili
e irreparabili come conseguenza di gesti apparentemente
innocui. Ma tutto questo evidenzia pure la difficoltà
- almeno di alcuni - a fidarsi degli altri anche a costo
di privarsi di apprendimenti significativi sui propri comportamenti.
Io sono curiosa di rivedermi per poter valutare i miei interventi
e la loro congruità con la situazione. Possibile
che a nessuno sia venuto in mente o sia curioso in merito?
Eppure i 13 "zoccolo duro" non solo hanno voluto
recuperare la prima unità "persa" per adattarsi
alla piattaforma, ma hanno programmato i primi 3 incontri
risolvendo problemi organizzativi pur di essere tutti presenti
e hanno adottato spontaneamente comportamenti che miglioravano
il funzionamento della piattaforma (durante gli interventi
dei facilitatori spegnevano le loro telecamere per migliorare
l'audio)...........forse si trattava di normale ambivalenza
che il tempo ridotto del seminario non ha consentito di
superare.
Servono sicuramente altri esperimenti, altre prove. Ma in
termini emotivi il cambiamento richiesto non è diverso
da quello che si è dovuto affrontare quando si è
passati all'industrialesimo. O quando i cavalli e i calessi
sono stati sostituiti dalle automobili.
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