Innanzitutto grazie per le preziose occasioni per pensare
che offrite e che, anche questa volta, ho seguito da cellulare
tornando verso casa (con la connessione ballerina che
ha reso impossibile qualunque tipo di commento da parte
mia).
Molto interessante la relazione e molto stimolanti gli
interventi ed i confronti ancorché -o proprio perchè-
discordanti.
Ritengo che avere dei modelli di riferimento sia necessario,
altrimenti ci si disorienta e non se ne possono costruire
altri, ma ritengo altresì che applicare alla realtà
solo i modelli che si conoscono sia estremamente limitante
e a volte stupido, soprattutto nelle cosiddette "scienze
sociali". Due verità coesistenti. Il carattere
"etereo e apparentemente assolutizzante" della
relazione ha poi favorito l'innesco al confronto che però
sembrava basato sul "nulla" della pura teoria
e non su casi reali specifici dove probabilmente è
più facile una convergenza. Però queste
sono sensazioni di uno che:
1. Era alla guida
2. Con la connessione non ottimale
3. Poco adeguato in quanto a studi e preparazione accademica.
Nella mia umile e modesta esperienza di questi mesi con
persone in stato vegetativo o con minima coscienza ho
avuto modo di sperimentare occasioni di contaminazione
delle competenze tra professionisti.
Ecco allora che l'animatore/educatore con competenze musicali,
appoggiato da un medico giovane e aperto, coinvolge il
logopedista e le fisioterapiste in progetti sulle singole
persone in cui i reciproci modelli di riferimento "devono"
lasciare spazio a nuove opportunità creative. Questa
collaborazione porterà a risultati apprezzabili?
Mah
.intanto si è attivato un meccanismo di
interazione reale tra professionisti -oltre che con alcuni
parenti- consapevoli dei limiti che questo tipo di persone
pongono e non mi aspetto miracoli, mi basta già
aver contribuito a dare il via alla coesione delle figure
professionali del reparto
ma questo in un'altra puntata.
Un abbraccio,
Ivano
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