"Un cavaliere arrivò in
uno spiazzo nel quale, sotto il sole, decine di operai trascinavano
e spaccavano pietre. Si fermò davanti ad uno e gli
chiese perché stesse faticando tanto. "Per guadagnarmi
da vivere" fu la risposta che ottenne. Si fermò
di fronte ad uno altro manovale cui fece la stessa domanda.
La risposta fu:"Per dare da mangiare alla mia famiglia".
Infine, pose la domanda ad un terzo lavoratore che rispose
"Non si vede? Sto costruendo una cattedrale!".
Il senso è qualcosa che corre sul confine incerto
fra soggettività ed attribuzione sociale. Possiamo
dire che ogni soggetto stabilisce un senso per sé
e per il mondo, ma possiamo anche dire che la società
attribuisce un senso agli oggetti, che i soggetti possono
in tutto, in parte o per niente condividere. Questa definizione
sembra chiara se non apriamo la voragine dell'interrogazione
su chi siano i soggetti sensificatori. Il soggetto non è
l'individuo, ma qualsiasi campo identitario, il singolo
come una squadra di calcio, un team come una comunità
territoriale, un'organizzazione come una nazione. A maggior
ragione il "la società" non è che
un insieme di parti. Soggetto e società sono entità
plurali. Il senso è come un lago dai molti affluenti.
L'individuo dà un suo senso agli oggetti, ma questo
senso è una sintesi di sensi provenienti da molte
fonti: la famiglia, il gruppo di amici, l'istruzione ottenuta,
l'ambiente sociale, il contesto socio-economico, il clima
culturale. Gli "agenti del senso" che presiedono
ai comportamenti individuali, sono numerosi. Il senso che
la società attribuisce agli oggetti è la sintesi
precaria e mobile fra i sensi attribuiti da tutte le "regioni"
che compongono la società stessa: individui, comunità,
organizzazioni, stati, civilizzazioni. La distinzione fra
senso soggettivo e senso attribuito è praticamente
impossibile, se non come razionalizzazione postuma. Il comportamento
agito ed osservato, viene spiegato attraverso il senso e
questo senso diventa soggettivo se non è condiviso,
attribuito se non è introiettato. Il processo di
sensificazione è il più distintivo carattere
dell'umano, ma non è come a volte sembra, solo razionale
o solo emotivo. Spiegare il senso con l'intelletto è
insufficiente, come limitare la sua natura alle fonti emozionali.
Non accettiamo che il senso della nostra vita sia ancorato
alle sole emozioni, ma insieme ci risulta difficile spiegarlo
con la sola ragione. La spiegazione razionale ipertrofica
del senso è sintomo di una posizione nevrotica. La
attribuzione del senso alle sole radici emozionali è
un'avvisaglia di socio-patìa. La assenza di senso,
o meglio, della sua comunicabilità, è un indizio
di psicosi. L'equilibrio armonioso fra queste possibilità
è la ricerca di un'intera vita.
*da "IDEATARI
- Psicologia del Lavoro e dell' Organizzazione immateriali"
di G.Contessa
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