Andare in bicicletta è un'attività solitaria.
Possono esserci amici o parenti a fianco o in coda, ma il
ciclista pedala come un solista. Giocare a tennis da soli
è quasi impossibile. Il tennista lancia la palla
e si aspetta che l'altro risponda. Se non lo fa si ricomincia
e parliamo di buon tennis quando gli scambi sono numerosi.
L'arte della conversazione è moribonda perchè
ormai la società è piena di ciclisti e i tennisti
sono in via di estinzione.
Il mondo è pieno di gente cordialissima che conosci
da un minuto e ti racconta del suo lavoro, dei suoi viaggi,
della sua famiglia, delle sue abitudini alimentari e non
ti chiede nemmeno come ti chiami. Tu puoi solo annuire con
la testa ed emettere qualche "Mah....però....ahah....già....è
vero....". Non solo non puoi dire la tua su niente
perchè non interessa, ma perchè il monologo
del ciclista è senza respiro. Niente pause, silenzi,
domande. Solo frasi sparate in serie e punti esclamativi
finali.
Dialogo, interazione, interesse e curiosità per
l'altro sono fuori dall'orizzonte del ciclista. Il ciclista
conversazionale viene definito "narcisista" dagli
psicologi, che descrivono bene la tipologia. Tuttavia, raramente
spiegano gli effetti che la tipologia del narcisista produce
nell'interlocutore. Se questo ha un ego robusto sorride,
sopporta per un certo tempo il ciclista e arriva a provare
pena e tenerezza. Ma se l'interlocutore ha un Io minimo
e fragile (il che è molto diffuso) riceve dal ciclista
conversazionale un continuo messaggio violento, inquietante,
depressivo. Insomma il narcisista non è solo una
figura patetica: è un pericolo sociale.
A un soggetto con un Io fragile, il narcisista manda continui
messaggi di svalutazione, insignificanza, trasparenza. Il
tennista è nutriente perchè da valore all'altro.
Gli manda una palla e conta sulla risposta: il divertimento
nasce dal dialogo. Il ciclista è deprimente perchè
dice che l'altro non alcun valore o significato, non è
un essere umano, ma un vetro o uno specchio. Ci sono narcisisti
che ti frequentano e ti inondano di parole per anni, senza
mai chiederti che lavoro fai o che cognome hai. Siccome
gli esseri umani esistono anche nello sguardo degli altri
essere umani, cioè nelle interazioni e relazioni,
quando non sono "guardati" arrivano a pensare
di non esistere.
Il ciclista non si esprime solo con fiumi di soliloqui.
In genere arricchisce il suo repertorio con altri messaggi
paradossali. "Non mi telefoni/scrivi mai" lamenta
il ciclista che si guarda bene dal farlo. "Vieni a
trovarmi a casa" ripete di continuo il ciclista che
non viene mai a casa tua. Il ciclista è anche generoso:
può ricoprirti di regali, ma si rifiuta categoricamente
di accettarne uno da te. Ti presenta anche parenti e amici,
ma è sempre occupatissimo altrove, quando lo inviti
cercando di fare altrettanto. Il ciclista è informato
su quasi tutto, e non sapendo che lavoro fai ti spiega partitamente
come si fa ogni cosa (anche quelle che tu fai di mestiere).
Quello che è certo è che se vuoi vederlo sparire
basta (se riesci a farlo!) che cominci a parlargli di te,
raccontare i tuoi problemi, presentargli qualcosa di te
che abbia un certo peso e valore.
La diffusione sociale dei ciclisti è in progressivo
aumento da parecchi anni. E la conversazione è in
crisi di conseguenza. Le spiegazioni possono essere tante,
ma una sembra essere dominate. La società attuale
annichila, mortifica, deprime di continuo i soggetti. La
svalutazione dilaga macroscopicamente. La conversazione
che valuta gli interlocutori è diventata tristemente
fuori moda e in certe situazioni anche pericolosa. I soggetti
reagicono in due modi. Uno è la depressione, il ritiro
sociale, la chiusura. L'altro è il narcisismo: "guarda
quanto valgo, io pedalo da solo".
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