"L'ospitalità è un tipo di relazione
umana praticata dalla notte dei tempi. "Le forme
più antiche di ospitalità gratuita erano
già presenti presso le culture primitive, presso
i Greci, i Romani,i Germani, gli Slavi, i Persiani, gli
Indiani, gli Egizi, gli Ebrei e gli Arabi, in molte tribù
dellAfrica, in Cina e in Giappone, fino agli Ainu
del Pacifico e agli Indios delle Americhe.
Tale ospitalità nei confronti degli stranieri
rispondeva a paure di carattere magico-religioso ( si
credeva che lo straniero possedesse poteri oscuri ) oltre
che ad un fine utilitaristico. La giustificazione religiosa
dellospitalità gratuita nella cultura greca
ad esempio derivava da unantica credenza che voleva
che in tempi remoti gli dei errassero sulla terra, nelle
vesti di ospiti, distribuendo ricompense o punizioni a
chi si fosse dimostrato buono o malvagio. Nellospitalità
si esprimeva comunque il desiderio di proteggere lo straniero
dai diversi pericoli: aggressione, omicidio, fame e sete
nonchè laspettativa dellospitante di
essere a sua volta protetto in casa di colui che era stato
precedentemente ospitato. Interessante è la trasmissione
ereditaria del diritto-dovere di ospitalità in
uso si dalletà omerica: il rapporto di ospitalità
si trasmetteva dai due contraenti ai loro figli e alle
generazioni successive e, quando i discendenti non si
conoscevano più personalmente, il diritto allospitalità
veniva testimoniato da un segno di riconoscimento: il
symbolon in Grecia e la tessera hospitalis a Roma, cioè
cocci dargilla, tavolette, anelli, monete,ecc.,
divisi in due metà, ognuna delle quali veniva conservata
e trasmessa nelle due famiglie contraenti. Questusanza
sopravvisse fino alletà imperiale romana.
Lospitalità gratuita, proprio per il fatto
di essere offerta senza alcuna ricompensa, comportava
onerose spese e responsabilità, così che
quasi dappertutto era limitata a due o tre notti e solo
in casi particolari il padrone di casa poteva decidere
di prolungarla.
Il cristianesimo ha poi ripreso questo concetto di ospitalità
modificandolo nella forma dellamore per il prossimo:
la religione vuole che in ogni ospite povero e bisognoso
daiuto si debba vedere Cristo e che tutti gli uomini
siano ospiti su questa terra. Accanto alla forma gratuita
e spontanea di ospitalità era frequente una forma
coattiva della stessa, la pretesa cioè di ricevere
vitto e alloggio avanzata da pubblici ufficiali, vescovi
e sovrani. Lalloggio e il sostentamento di una corte
regale imponeva la necessità di annunciare la visita
con un certo anticipo. Lospitante doveva sempre
tenere pronto un "paniere" di vivande ( carne,
pesce, uova, formaggio, vino o birra, pane o frumento,
verdura, spezie, foraggio,ecc. ), stoviglie, materassi
e altri oggetti duso.
Dalle raccolte di leggi del periodo delle invasioni barbariche
( V-VIIsec ) è possibile trarre notizie riguardo
le disposizioni concernenti lospitalità che
ad esempio nei regni barbarici era considerata un dovere
a cui nessuno poteva sottrarsi: essa durava da due a tre
giorni e comprendeva la concessione di un alloggio, di
un posto per il fuoco, di acqua, di legna da ardere e
biada per i cavalli, escludendo però il vitto.
Nel rituale di accoglienza dellospite, e quindi
al momento dellinstaurazione del rapporto di ospitalità,
assume enorme importanza il momento del convivium: lospite
riceveva il posto donore, mentre chi entrava in
casa con intenzioni ostili rifiutava il pasto. Quando
lospite si recava a letto, veniva spogliato o dalla
moglie o dalla figlia del padrone di casa, che talvolta
restava a sua disposizione anche per il resto della notte.
Il mattino della partenza lospite riaveva i suoi
indumenti, le armi e i cavalli sellati, e dopo aver chiesto
licenza e aver ringraziato, prendeva commiato accompagnato
dalla benedizione del padrone di casa, e quindi si allontanava.
A volte il padrone di casa lo scortava per un pezzo del
tragitto in segno di onore e per motivi di sicurezza.
Questa, che era una forma limitata di ospitalità,
diveniva completa solo nel caso di ospiti particolari
quali inviati di popoli stranieri. Come appare evidente
analizzando ad esempio il diritto dei Franchi (era vietata
laccoglienza di profanatori di tombe, delle donne
che si davano agli schiavi, dei ladri e dei prescritti;
qualora si avesse ospitato inconsapevolmente un ladro,
non avendo almeno sei testimoni per garantire la propria
buona fede e lignoranza della vera natura dellospite,
lospitante veniva trattato alla pari di un ladro
) i sovrani e le autorità statali guardavano con
diffidenza lospitalità gratuita."
Mella mitologia slava Radigost è il protettore
delle città, dei commercianti, dei viaggiatori,
degli stranieri e dell'ospitalità. Il suo nome
deriva dallo slavo antico raditi (rallegrare, allietare)
e gost (ospite). Le leggende vogliono che Radigost punisse
gli uomini che non si prendevano cura dei loro ospiti
o che rifiutavano di dare ristoro ai viaggiatori di passaggio.
Coloro che, invece, dimostravano ospitalità e benevolenza
nei confronti degli stranieri, ricevevano la benedizione
del dio e potevano essere certi di ricevere un trattamento
cordiale e premuroso quando erano loro a mettersi in viaggio.
(da Wikipedia)
I due tipi storici di relazione ospitale
L'ospitalità nella storia è stata sia un
gesto di benevolenza, sia un gesto di sottomissione.
La benevolenza metteva l'ospitante nel ruolo di benefattore
(non a caso l'ospitalità è anche la madre
dell'ospizio e dell'ospedale). In questo caso l'ospitato,
temporaneo e portatore di alcuni requisiti, doveva chiedere
ospitalità, era chiamato alla gratitudine e si
adeguava alle regole di vita dell'ospitante, mentre costui
si prodigava per compiacere l'ospitato. Il caso più
celebre è quello di Marco Polo, che per anni fu
assimilato all'antica Cina, come consigliere del re.
La sottomissione invece poneva l'ospitante nella condizione
di essere onorato dall'ospitato, per avere il quale si
arrivava a gareggiare (come oggi capita per avere a cena
il divo o il politico). In questo caso l'ospitato, temporaneo
e portatore di alcuni requisiti, non doveva chiedere l'ammissione,
riceveva invece che dare gratitudine e imponeva le sue
esigenze all'ospitante, restituendo solo il dono della
propria presenza.
I due tipi storici di relazione sembrano avere in comune
gli elementi dello scambio non monetario, della temporaneità
e della presenza o assenza di requisiti. La natura di
scambio della relazione ospitale è testimoniata
anche dal doppio senso del termine "ospite",
che può essere usato sia per l'ospitante che per
l'ospitato, per chi accoglie e per chi viene accolto (solo
in biologia, l'ospite è l' organismo a spese del
quale vive un parassita). L'ospitalità basata sullo
scambio monetario è una derivazione posteriore
a quella gratuita, e definisce solo chi accoglie: l'oste
(da cui ostello-hotel e osteria).
Un esempio concreto dell'ambiguità del concetto
di ospitalità può essere sperimentato da
chiunque passa 2/3 giorni a casa di parenti od amici.
.Gli ospitanti sono fumatori e gli ospitati no. Si fumerà
in casa? E se sono fumatori gli ospitati? Nella casa che
ospita si usano le "pattine": anche gli ospitati
saranno invitati ad usarle? Pranzo e cena sono consumati
nelle ore abituali dell'ospitante o dell'ospitato? Piccoli
problemi solitamente risolti col buon senso e la reciproca
compiacenza. Ma se il buon senso di una delle due parti
è carente, si danno due prospettive. Se l'ospitato
è troppo invadente, non sarà più
ospitato. Se è l'ospitante ad essere troppo invadente,
avrà sempre meno ospiti.
Ospitalità e immigrazione
L'immigrazione può essere considerata una forma
allargata di ospitalità. Non è temporanea,
ma tendenzialmente perenne. Tuttavia è sempre uno
scambio non monetario (lo scambio monetario oggi si chiama
turismo) e sottoposto a condizioni. Il paese ospitante
in genere offre benessere, non solo materiale ma anche
politico, culturale, civile, e gli immigrati offrono manodopera
e/o competenze. L'immigrazione oggi è considerata
un problema, ma possiamo dire che tutta la storia umana
è stata costruita sulla migrazione, cioè
sullo spostamento di interi popoli da un territorio ad
un altro.
Il sudamerica e il nord america sono stati costruiti
da immigrati europei, che però si consideravano
colonizzatori, in quanto più potenti degli aborigeni
ospitanti; e da immigrati africani, sottomessi in schiavitù,
in quanto meno potenti dei colonizzatori. Tutto il medio
oriente è stato terreno di immigrazione dalla asia
centrale. L'estremo oriente è stato il territorio
dell'emigrazione cinese. Il mediterraneo odierno è
il risultato di secoli di migrazioni incrociate. Colonizzazione
e schiavitù, erano i nomi pre-moderni della migrazione.
In epoca industriale, nordamerica, australia, sudamerica
sono stati territorio di immigrazione povera dall'europa.
Le ferrovie degli Stati Uniti sono state fatte dai cinesi,
a cavallo del Novecento. Lo sviluppo tecnologico statunitense
si deve essenzialmente all'immigrazione di intere classi
intellettuali mitteleuropei. Negli Usa lavorano venti
milioni di messicani immigrati, più o meno legalmente.
L'immigrazione in Europa oggi è uno scambio fra
benessere e manodopera povera. Le dinamiche possibili
sono tre, già ora in atto, ma destinate a diventare
sempre più macroscopiche.
- Assimilazione
Con il concetto di assimilazione si fa riferimento al
processo attivato dalla presenza egemone del monoculturalismo
nazionale o di un continente che tende ad assorbire
le culture compresenti in un unico modello unitario.
L'assimilazione, di regola, è sostenuta dalla
società di accoglienza come pratica di accettazione
dei migranti: una pratica che propone la società
ospitante come società compiuta, che non ha nulla
da apprendere dagli immigrati portatori di altre culture.
La presenza di culture straniere non è infatti
né tollerata né promossa. L'identità
del migrante viene riconosciuta solo nel momento in
cui si spoglia dei suoi tratti culturali, per acquisire
i panni della società ospitante. Nei termini
dell'esempio precedente, l'assimilazione è il
caso in cui l'ospitante obbliga l'ospite a usare le
"pattine", non fumare o sopportare il fumo,
e pranzare nell'ora d'abitudine della casa. L'assimilazione
è l'incontro fra potere e subalternità:
è un assoggettamento.
- Segregazione (auto o etero)
Gli immigrati creano e sono incentivati a creare enclaves,
monoculturali o monorazziali. Le ChinaTowns sparse in
molte grandi città non cinesi sono un esempio
vistoso. I ghetti ebraici sono stati un esempio tristemente
famoso. Dello stesso tipo sono i quartieri chiusi di
ricchi, incuneati fra favelas e il centro città
in Brasile; o i quartieri di ricchi europei nei paesi
caraibici. La segregazione ci caratterizza per una sostanziale
separazione fra gruppi che mantengono i propri valori,
la cultura e la lingua d'origine, e condividono la minor
parte possibile della vita quotidiana. La reciproca
diversità è tollerata, finchè sta
chiusa nella propria area. Nei termini dell'esempio
precedente, la segregazione è il caso in cui
l'ospitante accoglie l'ospitato non in villa, ma nella
dependance, e non lo fa cenare nel salone ma in cucina,
coi domestici. La segregazione non è un incontro,
ma una separazione, una estraneità.
- Integrazione
L'integrazione è il pieno inserimento in un contesto.
La fusione di diversi gruppi etnici in un'unica comunità.
L'integrazione è un incontro, che obbliga i soggetti
a rimodellare la propria esistenza. L'aspetto faticoso
dell'integrazione, come di ogni vero rapporto umano,
è il cambiamento. Nessuno può restare
totalmente se stesso dopo un vero incontro. Nei termini
dell'esempio precedente, la segregazione è il
caso in cui l'ospitante concorda con l'ospitato, visto
che la visita temporanea sta diventando una convivenza,
le nuove abitudini quotidiane di entrambi. Se accetti
un forestiero a casa tua, con una prospettiva di permanenza
ad oltranza, devi dargli un tetto e un lavoro per consentirgli
di mantenersi, altrimenti devi pensarci tu. Inoltre
devi essere disposto a negoziare la tua cultura con
la sua. Potresti evitare di inserirlo nella tua casa,
ma non se ti è necessario. E se ti è necessario,
significa che tu hai il dovere e lui il diritto dell'integrazione.
Quello che va sottolineato è che queste dinamiche
non dipendono solo dall'ospitante. Ci sono immigrati che
invidiano talmente la cultura ospitante da desiderare
l'assimilazione. Come ci sono immigrati che preferiscono
la segregazione per non dover cedere alcuni aspetti della
loro cultura. L'integrazione è una fatica sia per
gli ospitanti che per gli ospitati.
Inoltre va ricordato che queste dinamiche sono sociali
cioè implicano un numero elevato di attori. Nella
dimensione micro, ciò succede anche nei rapporti
interpersonali. La figlia vuole integrarsi col neo-sposo,
ma la madre di lei lo preferisce assimilato e quella di
lui lo vuole segregato. Lo studente ribelle preferisce
la segregazione, la scuola lo vuole assimilare, la famiglia
desidera la sua integrazione. A livello sociale queste
dinamiche coinvolgono un numero maggiore di attori, il
che rende ogni situazione più complessa e conflittuale.
Un immigrato magari vuole integrarsi, il datore di lavoro
lo preferisce assimilato, gli amici gli ricordano l'orgoglio
della sua cultura spingendolo alla segregazione, la moglie
spinge per l'assimilazione, la parrocchia gli segnala
il diritto all'integrazione, il gruppo dei disoccupati
locali lo vuole segregato, il figlio adolescente rivendica
le sue radici e invoca la segregazione, la legislazione
presenta ambiguamente tutte e tre le ipotesi. I datori
di lavoro hanno bisogno dell'immigrato e spingono per
l'assimilazione o l'integrazione; i vicini di casa considerano
l'immigrato un disturbo e ne vorrebbero l'allontanamento;
i disoccupati vedono l'immigrato come un competitore e
ne chiedono l'espulsione. Nella società c'è
chi trae benefici dagli ospitati, e chi ne subisce danni;
c'è chi predica il diritto-dovere all'integrazione
e chi sostiene la difesa del'identità (sia degli
ospiti che degli ospitati); ci sono i predicatori dell'assimilazione
e quelli della segregazione.
|