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Paradossi della diversità (Guido Contessa) |
La società è costituita da migliaia di gruppi, uno diverso dall'altro. L'identità di ciascuno è definita da un perimetro più o meno ampio. Se è più ampio, comprende e accetta molte diversità. Se è ristretto, le rifiuta quasi tutte. Nessun gruppo può accettare tutte le diversità, perchè ciò significherebbe la perdita dell'identità. Nessun gruppo può rifiutare tutte le diversità, pena la frantumazione fino alla singola unità. Gruppi che accolgono con empatìa la diversità dei malati e dei disabili, ma tendono a rifiutare la diversità dei migranti. Gruppi che adorano la diversità della cucina multietnica, ma mostrano una certa repulsione per i tossicodipendenti. Gruppi uniti nel sostenere il valore dello sport, che non accettano la diversità della tifoseria avversa. Gruppi che inneggiano alla diversità delle scelte politiche, ma sono ostili alla differenza delle scelte sessuali. In questo arcobaleno di gruppi aperti, semi-aperti o semi chiusi,
spiccano i gruppi "estremi". Da una parte ci sono i gruppo
che puntano all'apertura a tutte le differenze, e teorizzano una società
totalmente aperta; dall'altra i gruppi che praticano la chiusura verso
quasi tuttte le differenze, e auspicano una società fatta di
gruppi omogenei al loro interno ma separati fra loro. I gruppi "estremi" riescono a superare le proprie contraddizioni e ad assumere una pesante visibilità mediatica, mediante un profondo lavoro allucinatorio. Con un balzo psicologico che si situa fra il parnoico e il maniacale, questi gruppi si convincono di essere non solo uno dei tanti gruppi sociali, ma il gruppo di maggioranza che rappresenta l'intera società. Gli adoratori della società aperta a ogni differenza, non
prendono nemmeno in considerazione la legittimità della esistenza
dei gruppi che sostengono una società chiusa. I primi sono
la società "buona e giusta", mentre i secondi sono
i nemici "sporchi e cattivi". |