LE UNITA' AUTO-ETERO (Margherita Sberna, primavera 2008)

1. Cosa sono

Va  detto innanzi tutto che si tratta di un'invenzione  dell'ARIPS,  o meglio dei suoi operatori per risolvere un problema di tipo tecnico.E' necessario un breve "inquadramento storico". Secondo le teorie della formazione in generale e più specificatamente quelle psicosociologiche si può parlare di formazione soltanto quando si interviene nell'area del "saper essere", cioè quando si agisce per un aumento della consapevolezza; una modificazione degli atteggiamenti e dei conseguenti comportamenti; uno sviluppo ed un'evoluzione della personalità. Certamente, come si è già detto in altre parti di questo volume, aumentare il livello di informazioni e di competenze tecniche non e del tutto ininfluente sulla crescita complessiva ne a livello individuale, ne a livello di gruppo, ne infine nel contesto di una comunità. Ma la risonanza è limitata soprattutto se si opera secondo comparti separati lasciando la sintesi finale ad ogni singolo individuo. Per noi all'ARIPS il metodo ed il processo didattici sono sempre stati considerati parte essenziale dell'apprendimento e quindi anche la "sintesi magica", il momento della connessione fra i diversi elementi dell'apprendimento, sono momenti degni di attenzione per i formatori. Questa riflessione ha assunto ancora maggior significato quando abbiamo iniziato a lavorare alla progettazione dei nostri iter formativi, che volevano divenissero un simbolo rispetto alle strategie per il futuro del nostro Istituto.In particolare la nostra impostazione che ci portava a considerare il gruppo come snodo essenziale per le attività formative trovo un ostacolo significativo di fronte alla necessita di gestire in termini formativi una situazione di lavoro. I nostri obiettivi erano quelli di insegnare a lavorare in équipe e di ottimizzare l'uso delle risorse ed il raggiungimento di gratificanti risultati operativi. Ma il gruppo viveva in realtà la situazione su due piani differenti e distanziati fra loro. Un piano era rappresentato dalle procedure tecniche ed organizzative che erano congruenti con la realizzazione del compito che era stato assegnato al gruppo. Il secondo piano era prodotto dalle relazioni interpersonali e di gruppo che si stabilivano fra i presenti durante il lavoro, e che influenzavano quest'ultimo spesso fino a produrre situazioni precarie in rapporto all'efficienza ed alla produttività dell'équipe. I due piani, interdipendenti fra loro, non erano tipici soltanto di contesti formativi come quello esemplificato, ma anche della quotidianità professionale dei consulenti alle organizzazioni, per fare un esempio. Se poi la situazione formativa veniva estesa alla concreta attività operativa di un gruppo su un territorio, si poteva notare un'attribuzione di responsabilità in merito alla produzione del gruppo di lavoro addossata in particolare al coordinatore-gestore del gruppo stesso.Ci parve perciò necessario individuare uno strumento di intervento che fosse in grado di mantenere le peculiarità caratteristiche del setting formativo, ma che insieme consentisse di essere produttivi rispetto al compito, proponendo un modello di intervento esportabile anche nella realtà di tutti i giorni. Nacque cosi il gruppo auto-eterocentrato con la relativa tecnica di intervento: in pratica si tratta di incontri di un gruppo di lavoro, quindi focalizzato su un compito da portare a termine, nel quale l'attenzione si concentra anche sui suoi processi di sviluppo, soprattutto nei casi in cui essi sono di rallentamento o di impedimento alla sua produttività.

2. La procedura tecnica

Va fatta un'ulteriore precisazione prima di esplicitare le diverse fasi di applicazione della tecnica: si tratta di una modalità didattica particolarmente adatta ad un intervento di secondo livello, cioè utilizzabile in particolare in contesti formativi. Quindi con operatori che a loro volta si troveranno a gestire gruppi di lavoro nei quali è loro responsabilità l'esecuzione del compito; essi dovranno essere in grado di aiutare il gruppo qualsiasi cosa gli accada nel raggiungimento dei suoi scopi. Ne consegue che la loro sensibilità rispetto ai problemi che coinvolgono il gruppo gli offre più chances per l'individuazione di strategie operative adeguate alle necessita.Quindi il gruppo in cui si applicano le unita auto-eterocentrate ha due principali obiettivi: imparare a lavorare in gruppo; imparare ad individuare i processi di gruppo che ostacolano lo svolgimento del compito. Il metodo d'intervento per ottimizzare i risultati è derivato dall'action-learning che si fonda sul principio "dell'imparare facendo"; in altre parole si ritiene che realizzare concretamente un'attività operativa consenta al gruppo di apprendere le procedure e le sequenze corrette per ottenere buoni risultati. Cosi al gruppo in formazione si propone di realizzare un'attività collegata al suo specifico "territorio" di azione. Si può ovviamente scegliere fra un tipo di attività molto semplice e contenuta, di cui si chiede solo l'elaborazione a livello astratto; fino ad arrivare alla realizzazione effettiva di un evento per il quale occorre predisporre una serie di elementi. Un esempio del primo caso può essere la stesura di un progetto di massima di contenuto connesso al campo operativo dei partecipanti. Il secondo caso può avere come punto di partenza la situazione precedente, e richiedere la realizzazione effettiva dell'evento ipotizzato.  In entrambe le situazioni, comunque, i partecipanti si troveranno a dover fare i conti con continue situazioni decisorie che avranno come oggetto dagli argomenti più futili a quelli più significativi per il risultato dell'impresa. Decidere è una delle operazioni più difficili per un gruppo, soprattutto se esso non si e effettivamente costituito. Ovviamente e difficile se si vogliono tener presenti alcune condizioni che consentano una reale elaborazione collettiva e lo è maggiormente se il gruppo non ha avuto il tempo per costituirsi ed i suoi membri non vivono un senso di appartenenza ad esso. Creare relazioni e rapporti fra persone quasi sconosciute ed insieme lavorare per produrre qualcosa, non e semplice; ed anche se il gruppo è "family", cioè ha una consuetudine di vita accertata, non è detto che tutto funzioni fluidamente.In termini formativi occorre lavorare su due livelli: quello dei processi di gruppo e quello dell'organizzazione del lavoro, fra l'altro facendo grande attenzione a non influenzare pesantemente il contenuto dell'attività. In un primo tempo di questa esperienza all'ARIPS abbiamo utilizzato due conduttori con i ruoli diversificati e "puliti": un conduttore era focalizzato sui processi e sui fenomeni gruppali, mentre l'altro era teso a realizzare il compito nel modo migliore. In termini di apprendimento era una formula certamente molto funzionale, ma in termini di costi era un po' eccessiva sia dal punto di vista strettamente economico, sia da quello delle risorse. Cosi siamo passati al conduttore unico, che utilizza a seconda delle necessità l'uno o l'altro piano di intervento orientandosi sul seguente principio: è sua responsabilità aiutare il gruppo a raggiungere il suo obiettivo (la realizzazione del compito che gli è stato assegnato); se tutto va bene la sua concentrazione è su questo piano e solo se ci sono impedimenti ed intoppi è suo dovere "bloccare il gruppo" e costringerlo a risolvere fin dove è possibile i problemi relazionali ed interpersonali che sono il vero elemento frenante l'attività del gruppo. Il tempo che il conduttore utilizza per la risoluzione di queste situazioni è da lui stesso determinato tenendo presente il suo imprescindibile dovere che è la realizzazione del compito. E' sua responsabilità stabilire, oltre al tempo da dedicare, anche le modalità con cui affrontare l'ostacolo e le conseguenti strategie per recuperare l'aspetto operativo.Nonostante il conduttore sia uno, la differenza nei tipi di intervento è evidente anche al partecipante neofita. Infatti quando il conduttore interviene sul piano "etero" (cioè del risultato e dell'efficienza) suggerisce procedure di lavoro e modalità tecniche (di progettazione, di organizzazione, di tipo creativo, ecc.) che sono funzionali a facilitare lo svolgimento del compito. Quando invece interviene sulle dinamiche e sui processi di gruppo il suo discorso è più oscuro, interpretativo, possibilista, indagante rispetto alla situazione che si è creata. In altre parole, se si parla di organizzazione del lavoro si esprime come esperto del settore e di organizzazione; se invece è il gruppo ad essere oggetto della sua attenzione, la richiesta di riflessione e di un contributo ai partecipanti e molto più pressante e significativa, proprio perchè la soluzione dei problemi dipende dall'espressione dei propri vissuti e dalla presa di coscienza delle situazioni.In pratica il conduttore di unità di lavoro auto-eterocentrato può intervenire a seconda delle necessità sui seguenti temi:

relativamente al compito         

relativamente al processo

esplicitazione del compito       
esplicitazione delle modalità di  lavoro

tecniche di divisione dei compiti tecniche decisorie

scansione dei tempi operativi               
funzioni operative         

utilizzo delle risorse/bisogni        

di gruppo tutte le dinamiche ed i processi

livello emozioni/clima indiv. e di gruppo di partecipazione

norme implicite del gruppo

conflitti latenti

strutture di potere e influenzamento

“mantenimento” del gruppo

appartenenza al gruppo

3. Cosa stimola

La tecnica delle unita auto-eterocentrate vuole innanzi tutto veicolare e rendere evidente lo stretto legame esistente fra l'efficienza di un gruppo e la sua situazione "psicologica".L'interdipendenza fra questi due elementi era gia stata messa in luce dagli studi di E, Mayo presso la General Electric. Non si tratta quindi di una novità. Ciò che qui e innovativo consiste nel fatto che questo apprendimento non e conseguenza di un intervento su una situazione problematica eclatante, bensì è un dato informativo che si apprende in fase di formazione. E non solo. Infatti il secondo obiettivo di questo tipo di interventi è lo sviluppo di una particolare sensibilità rispetto a queste situazioni, tale da rendere in grado di percepirle ed evidenziarle autonomamente in una situazione concreta. Si è detto che questo tipo di formazione ha come finalità generale quella di migliorare le capacità di lavoro di un partecipante in un gruppo. Di conseguenza si lavora per aumentare la capacità di osservazione e di percezione rispetto a quanto accade nel gruppo. Inoltre si tende ad aumentare la capacità di reazione alle situazioni che diventano maggiormente consapevoli sia a livello individuale, sia di gruppo. L'espressione dei propri sentimenti soprattutto quando essi provocano disagio ed insofferenza è un'altra capacità che si cerca di sperimentare durante questo tipo di formazione perchè sia successivamente esportabile in altri contesti.Sul versante più operativo, le unità auto-eterocentrate servono a conoscere, sperimentare, saper utilizzare una sequenza di lavoro che tende ad ottimizzare il rapporto fra costi e benefici. Non si tratta di fredde scansioni derivanti da un'organizzazione tayloristica del lavoro, ma di itinerari che tengono in gran conto il "fattore umano" cercando di valorizzarlo pur non tralasciando l'importanza dello svolgimento di un compito.D'altra parte uno dei motivi che stimolano la nascita dei gruppi e proprio la realizzazione di un non meglio identificato prodotto che può essere diverso in termini di concretezza, ma che sempre rappresenta la traduzione di una finalità ideale in un'azione osservabile.

"Nessuna strada ha mai condotto
nessuna carovana fino a raggiungere
il suo miraggio,
ma solo i miraggi hanno
messo in moto le carovane."

                                                        Henry Desroche