20 anni di lavoro - ARIPS 1978 -1998
PARADIGMI PER IL 2000

CHIRONE, SOCRATE, BUDDHA

Alberto Raviola, gennaio 1998

Cosa intendo per Paradigma:
- modello, esempio;
- mostrare, confrontare, indicare.

Per Kuhn (cfr 20 possibili interpretazioni delle sue definizioni in "La struttura delle rivoluzioni scientìfiche") è qualcosa che può funzionare quando non c'è la teoria (theorein-guardare, theoros=colui che dà uno sguardo); è un'immagine concreta usata in modo analogico.
Paradigma è quindi qualcosa che viene prima dello “sguardo" che categorizza e definisce oggettivamente; può permettersi di trascurare il problema della verità alla quale la teoria invece deve rendere conto.
E' come un MITO: narrazione che costituisce la trama di quella ragnatela che sovrapponiamo al divenire disordinato e coinvolgente dell'esperienza. E' fonte di fraintendimento. Ha a che fare con la creazione (poiesis). piuttosto che con la logica (logos=mettere insieme), che accorpa singoli frammenti di fatti evidenti e verificabili. E' una comunicazione relativa ad azioni, comportamenti, motivazioni ad essi, in relazione a contesti sociali, piuttosto che individuali.

Ecco perché per riflettere sulla TRASMISSIONE DEL SAPERE (consapevolmente o meno) mi sono riferito a tre figure che hanno a che fare con il mito (la cui trasmissione è stata di fatto ORALE): parlare di trasmissione del sapere significa per me entrare in una riflessione sul fraintendimento (dei saperi e della comunicazione di essi) e sulla difficoltà di rintracciare modelli teorici esplicativi.

Lo SCENARIO
La fine millennio si identifica con il PARADIGMA dell'IMMATERIALE, del quale alcuni elementi sono:
- un LINGUAGGIO fatto di metafore (reti, sistemi, bit, ....) che influenza i saperi compreso quello su "come si apprende’’ (basti pensare all'odierna diffusione del neo-cognitivismo)
- un sapere TECNICO (il cyber, il virtuale) che trasforma il CORPO da "substrato materiale, garante dell'integntà fisica” a “rete di informazioni, macchina o messaggio”
- un sapere PSICOLOGICO (e di relazioni) che nel CORPO trova ancora ineludibile radice, anche se 1' "immagine del computer” ci costringe ad affermare non tanto che l'uomo ha un corpo, ma che il corpo ha un uomo.

L'immateriale (LINGUAGGIO E SAPERI) è RE-FIGURAZIONE dell'esistenza, metamorfosi (cambiamento di forme mentali e di vita) forse catastrofe, che porta ad una nuova origine, non ancora descrivibile e "osservabile” e quindi paradigmatica.
E che probabilmente ha a che fare con e si realizza attraverso:
* l'individualità, piuttosto che le relazioni e il collettivo
* sentimenti (sensazioni e sensibilità) dai nomi nuovi, che portano con sé ambivalenze e contraddizioni
* instabilità e precarietà (esistenziali, professionali, relazionali)
* desideri non solo bisogni
* il futuro e il passato, piuttosto che il presente.

In questo scenario ‘"trasmettere il sapere”, cosa significa?
POSSIBILI RI-DEFINIZIONI
* trasmettere = (mandare al di là)
- tramandare da una persona all'altra (per es. si dice di padre in figlio);
- comunicare un'informazione tramite un veicolo qualunque
* sapere = complesso di nozioni, conoscenze e simili che si possiedono
(la radice è essere savio: assennatezza, accortezza, saggezza, prudenza, sensatezza)

LE PRATICHE:
° educare = condurre; evoca una relazione in cui si accompagna il procedere dell'altro
° insegnare = “mettere un segno dentro'’ e 0
° istruire = “costruire dentro”
portano in sé un implicito consenso alla passività di chi apprende e quindi allo strapotere dell'inscgnante/istruttore.

PROBLEMA: il sapere costituito è obsoleto; è necessario valorizzare la diversità (tra chi tramanda e chi è allievo), porre al centro delle pratiche di trasmissione il fraintendimento e la creatività; uscire dalla logica della e dell'adattamento. Ma forse questo non è da sempre il compito delle trasmissione? e cioè trasmettere un sapere di “partire da sé”, come capacità di "significare la vita" contro l’intrinseca insignificanza (precarietà, finitezza, caducità) della condizione umana. _
Rigenerazione di chi pratica attraverso la trasmissione, riproposizione della generazione cioè della nascita. Educare, insegnare, istruire come ripercorrere la propria nascita (phisis) attraverso la nascita (culturale e psicologica) altrui? La phisis centro e cuore del logos? Trasmettere sapere per esorcizzare la propria morte.

Le TRE FIGURE MITICHE
CHIRONE. centauro cioè metà uomo e metà cavallo, è medico, erudito, profeta; ha un compito, quello di educare figli che gli vengono affidati, eroi (come Asclepio, Achille, Enea) per adempiere al volere divino, attraverso la trasmissione delle abilità della caccia, della musica, della medicina.
Per me Chirone è colui che cura il corpo (medico), che possiede la cultura (erudito) e vive la realtà con creatività (profeta). E' per me l'immagine della sostituzione della relazione affettiva e dell'affidamento ad altri della trasmissione del sapere (fare ed essere) per la creazione di esseri straordinari.
E ’ il mediatore tra un ordine (norme e valori) costituito e un ordine da costruire.


SOCRATE (470/469-399 a.C.)
E' filosofo, di lui non abbiamo mai letto nulla; ne parlano in molti tra cui Platone e Aristotele.
La sua figura è controversa: sofista senza scrupoli, filosofo naturalista, intellettuale ascetico. Platone lo ricorda come “filosofo dell'etica e dell'estetica”, dell’identità tra sapere e virtù.
Ma Socrate è anche ricordato come “servo di dio” nell’educazione dei giovani alla conoscenza di sè, del proprio non sapere, della propria condizione umana, alla cura della propria anima. La sua tecnica è la maieutica (l'interrogare senza mai rispondere): l’arte della levatrice o arte dell'ostetrica viene da lui ereditata dalla madre Fenarete. Il suo obiettivo è la definizione di valori: virtù è conoscenza, l’azione malvagia è ignoranza, la cura di sè è scopo della vita (anima deve dominare il corpo, la sofrosine=la temperanza).
E per me il maestro della sapienza di "partire da sè ” per conoscere e conoscersi, per vivere in maniera virtuosa; ma è anche colui che per parlare di trasmissione mette in campo la metafora femminile della maieutica.

BUDDHA (565-486 a.C.) ovvero Siddharta Gaitama della famiglia dei Sakaya, maestro religioso indiano.
A 30 anni diventa monaco itinerante per annunciare la verità. Viene chiamato Buddha (lo Svegliato, l'Illuminato) perché possiede la conoscenza salvifica ed ha facoltà di annunciare il messaggio. Per alcuni il Buddha storico è semplice manifestazione temporanea del B. trascendente per la salvezza dell umanità. Da ciò deriva l'idea della "buddhità” come scopo di salvezza proposto a tutti e quindi infiniti B. possono esistere in questo mondo.
La rinuncia al mondo e la pratica ascetica sono i temi della sua dottrina. La "via media” come annientamento di ogni desiderio (causa di tutti i dolori) il modo di realizzarla. Il retto parlare, il retto agire, il retto modo di sostentarsi la sua morale. Il dolore è al centro della sua dottrina: tutto è dolore, il dolore ha una causa, il dolore ha un termine e vi è un cammino che conduce all’estinzione del dolore e cioè al Nirvana.
E' per me il maestro della estraneità al mondo in cui si vive; la rinuncia ad un'idea di progresso e di storia ineluttabile e incontrastabile. In questo senso mi rimanda all’idea (ma anche al vissuto) di estraneità al "contemporaneo ” come condizione individuale per la ricerca di sè come antidoti all'adattamento e all ’opportunismo.


Forse potremo dire che la relazione che si instaura in qualsiasi pratica di “trasmissione del sapere" non è seriabile, ripetibile, ma si rifà ad un contesto, non è modellizzabile.
Ha un carattere di ORIGINARIA fondazione, perché l'incontro è imprevedibile e le emozioni che in esso vi agiscono fanno già parte di un processo di conoscenza che è contenuto nel mandare al di là di noi stessi qualcosa e contemporaneamente perderlo di vista (theoros).
Potremo forse dire che la trasmissione è una "generazione di senso” per sé e per l'altro? Che trasmettere qualcosa è inscindibile tra trasmettere qualcuno (sè stessi) ? Che la realtà che si genera nell'incontro è già altro da ciò che si intendeva tramandare?
Mi viene a questo punto in mente un "omissis” di tutto questo ragionamento "mitico": la madre e il femminile. Prima generatrice, creatrice di vita e di senso, portatrice in sè della possibilità di "mettere al mondo un nuovo mondo”. Ma d’altro canto io sono un uomo ed oggi talvolta la mia condizione di genere non è facile da riconoscere, come è difficile riconoscere che Diotima fu maestra di Socrate e che la maieutica fu trasmessa a lui dalla madre Fenarete. Origine femminile della vita e del sapere e della trasmissione nel mondo?