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ALCUNI SUGGERIMENTI PER LA PREPARAZIONE E LA GESTIONE DEL GRUPPO

MV.Sardella

1. TECNICHE DI PREPARAZIONE DEL GRUPPO
Cercherò, in queste pagine, di fornire un "prontuario" sugli aspetti che è necessario tenere maggiormente presenti nel momento in cui ci si appresta a organizzare e preparare un lavoro di gruppo.
Non approfondirò assolutamente, invece, le basi teoriche che sottostanno all'idea di gruppo, perché ci vorrebbe ben altro spazio che le poche pagine di questa dispensa. L'unica informazione, che mi sembra indispensabile per "calare" nella pratica i suggerimenti, è quella relativa al concetto di gruppo. In questo scritto si parlerà di gruppo sempre in senso lewiniano.
Lewin (1972, p.53 ), al proposito, dà la seguente definizione: "Il gruppo è qualcosa di più o, per meglio dire, di diverso dalla somma dei suoi membri: ha struttura propria, fini peculiari e relazioni particolari con altri gruppi... Esso può definirsi come totalità dinamica. Ciò significa che un cambiamento di stato di una parte o frazione qualsiasi interessa lo stato di tutte le altre".
Si può coordinare un gruppo almeno in due modi:

  • limitandosi a indire le varie riunioni e a "dirigerle" come un vigile urbano o come un caporale dell'esercito,

  • oppure
  • tenendo presenti una serie di accorgimenti di pianificazione, e di organizzazione, sia per il momento del pre-incontro sia per quando l'incontro è in atto.
  • Non è difficile intuire che propendo per la seconda ipotesi, ritenendola più funzionale per il gruppo e gratificante per il coordinatore, per cui cercherò di riempire di contenuti le affermazioni.
    Quando il coordinatore si appresta a organizzare un incontro di gruppo è necessario che si prefigga come primo obiettivo la massima produttività ed efficacia dell'incontro stesso e, quindi, tenga presente due ordini di fattori: quelli più propriamente strutturali (tempi, luogo ecc.) e quelli che potremmo definire "psicologici" (motivazioni, aspettative, processi e dinamiche di gruppo ecc.).

    1.1. FATTORI STRUTTURALI
    Il tempo, avendo la caratteristica di non essere elastico, ha la priorità su tutti gli altri aspetti strutturali. Le riunioni devono durare al massimo tre ore, perché altrimenti la curva dell'attenzione cala e c'è il rischio di continuare a girare attorno al problema in questione, con un susseguirsi di interventi che si ripetono e un pubblico di ascoltatori che sbadiglia! La strutturazione rigida dell'inizio e della fine dei lavori, d'altro canto, non fa perdere tempo in attese inutili e snervanti, e facilita la concentrazione e l'intensità di utilizzo delle risorse umane. Se si ritiene che per un problema particolare sia importante avere a disposizione un tempo maggiore, bisogna prevedere un intervallo che, comunque, spezzi l'incontro e lasci ai partecipanti il tempo di riposare il cervello e di sistematizzare le idee.
    La sistemazione del locale dove avviene l'incontro è un fattore spesso trascurato; è, invece, molto importante, perché influisce sull'interazione tra le persone. Molto spesso le riunioni vengono tenute in un setting tipo "teatro", con i partecipanti, come pubblico, da una parte e il coordinatore, come attore, dall'altra. Questa sistemazione dei posti, che viene giustificata da motivi contingenti (aule strette, sedie che non si dividono una dall'altra ecc.), invia un messaggio non verbale molto chiaro: in questa sede ci sarà uno che parla e tutti gli altri che ascoltano; questi possono intervenire, ma la forma di comunicazione privilegiata sarà quella unidirezionale.
    La sistemazione dei posti varia con il variare dell'obbiettivo dell'incontro: se ci si riunisce, per esempio, per stendere un progetto, è utile che ci sia un tavolo su cui scrivere; se, invece, l'incontro avviene per dibattere un problema, il tavolo serve solo a... dimezzare la comunicazione di una persona. Nascondendo, infatti, più di metà del corpo fa perdere tutta una serie di messaggi (piede che batte ritmicamente, ginocchia che ballano ecc.) che possono completare la comunicazione verbale. È molto più utile che, nella stanza del gruppo che si riunisce per "creare", vi siano dei cartelloni sui muri o una lavagna, che permettano di visualizzare immediatamente, e a tutto il gruppo, una panoramica dei contenuti espressi.
    L'ordine del giorno è un altro caposaldo nell'organizzazione di un gruppo. Deve essere attentamente calibrato sulla base del tempo a disposizione; si deve evitare di inserire un numero elevato di punti da discutere e ogni punto deve essere adeguatamente messo a fuoco: il coordinatore deve precisare gli obiettivi e prefigurarsi una strategia di conduzione del dibattito. Naturalmente, l'odg deve essere messo a conoscenza dei partecipanti in tempo sufficiente perché possano, a loro volta, approfondirlo. Ovviamente, anche le conclusioni di ogni incontro devono "ritornare" ai partecipanti. Il coordinatore, o un apposito incaricato, dovrà, al termine di ogni riunione, fare il punto della situazione e curare uno scritto sulle decisioni prese, sulla loro applicazione ed efficacia. Insieme alla convocazione della riunione e ai punti all'odg sarà cura del coordinatore inviare tutta la documentazione necessaria per l'approfondimento dei problemi: leggi, proposte operative, indicazioni bibliografiche riflessioni individuali dello stesso animatore o degli eventuali gruppi di approfondimento.
    Altro elemento da non sottovalutare è la composizione del gruppo che si andrà a coordinare. È importante raccogliere notizie su: l'età media dei partecipanti, il sesso, le relazioni interpersonali, il livello di formazione e il livello culturale. Tutto ciò serve, soprattutto, per impostare il primo incontro, per decidere come aprire i lavori, che tipo di linguaggio usare e per fare un po' di... fantasie sui partecipanti e prefigurarsi, cosi da poterle controllare, le proprie reazioni.
    Come è noto, o facilmente intuibile, è poco produttivo lavorare in un gruppo numeroso: a questo proposito si consiglia di ridurre al minimo i momenti assembleari e di creare, invece, un'organizzazione di piccoli gruppi costituiti, a seconda del compito e dell'obbiettivo, su un progetto, per materia ecc. E che si incontrano tutti insieme solamente nei momenti informativi e decisionali. Il gruppo, infatti, non deve essere considerato una struttura rigida, non necessariamente deve lavorare in modo compatto: per stendere un documento, per elaborare un piano didattico, oppure dei progetti di intervento è più utile che si divida in commissioni. Questi sottogruppi procedono, al loro interno, allo studio del problema nei suoi vari aspetti e nella fase di riunificazione del gruppo forniscono indicazioni e suggerimenti.
    È assolutamente indispensabile, invece, che tutte le commissioni siano presenti nei momenti decisori, perché sia garantita l'applicazione della decisione presa. La teoria sui gruppi ci insegna, infatti, che quando delle persone si trovano ad attuare una decisione di cui sono stati compartecipi sono indubbiamente più motivati a mantenere gli impegni presi.
    A metà tra i fattori strutturali e quelli psicologici si pone la verifica del funzionamento del gruppo. Soprattutto per quei gruppi che hanno almeno un anno di tempo da vivere insieme è di primaria importanza porsi il problema della verifica. Essa va impostata contemporaneamente su due piani: produttività e soddisfazione che sono strettamente correlati fra loro. Proporsi, nella fase organizzativa, una verifica delle opinioni, delle percezioni, delle impressioni e dei vissuti dei partecipanti allo scopo di aggiustare il tiro degli incontri e, fin dal primo incontro, comunicare al gruppo questa intenzione ha un duplice valore:

  • da una parte, indica che l'animatore ha intenzione di coordinare i lavori tenendo presente le esigenze e i bisogni del gruppo
  • dall'altra, comunica ai partecipanti che sono i protagonisti dell'incontro e che hanno la possibilità reale di far diventare le riunioni utili, modificandone, via via, gli aspetti insoddisfacenti.
  • 1.2. FATTORI PSICOLOGICI
    Esistono una serie di accorgimenti che il coordinatore deve tener presente in fase organizzativa e che sono strettamente legati alle capacità possedute nel'area della "sensibilità".
    È stato fatto in precedenza un accenno alle fantasie del coordinatore. Al di là di considerazioni etiche del tipo che non è bello avere pregiudizi, poiché invece, ci piaccia o no, ciò avviene, è opportuno che, in fase preliminare, il coordinatore cerchi di prefigurarsi il tipo di persone o di atteggiamenti che più lo disturbano o che più lo "catturano", in modo da evitare al massimo errori di conduzione del gruppo, come entrare in pairing (cioè "battibeccare") con qualcuno o appoggiare una proposta solo perché l'ha fatta una persona che è simpatica.
    È buona norma preparare l'intervento di apertura calibrato sul gruppo che si avrà di fronte, pensando soprattutto a che cosa dire e a come dirlo. Se, per esempio, si incontra il gruppo per la prima volta, si potrà cominciare con una presentazione personale/professionale; se, invece, si incontra lo stesso gruppo dopo un periodo di vacanza, si potrà aprire con uno scambio di battute sulle vacanze trascorse. In ogni caso si dovranno elencare gli obiettivi dell'incontro, gli argomenti e il tempo a disposizione.
    La comunicazione dovrà, comunque, essere intesa come uno scambio di informazioni, di idee, di conoscenze, di atteggiamenti: non bisogna dimenticare che le prime fasi dell'incontro sono dedicate all'"annusamento";, più che parlare molto è necessario ascoltare e osservare con l'obbiettivo principale di favorire la circolarità della comunicazione, di trasmettere la disponibilità all'ascolto e di cogliere il "clima" generale.
    Questa fase introduttiva è tanto più importante se si considera che la produttività e la buona riuscita di una riunione sono direttamente proporzionali alla consapevolezza dei partecipanti di fare qualcosa di importante e di utile. Occorre, quindi, creare un clima di coinvolgimento evidenziando l'importanza del lavoro che si andrà a fare.
    Una condizione che è necessario far sussistere ogni volta che sta per riunirsi un gruppo operativo è quella di impostare il lavoro su temi e problemi di interesse generale e non su questioni relative a un solo partecipante. Questo presupposto dà la possibilità, da una parte, di affrontare i problemi con un'ottica sistemica, inerente cioè alla presa in esame di tutte le variabili che compongono l'argomento trattato e le loro possibili combinazioni. Dall'altra, di incentivare le motivazioni di ognuno a partecipare alla discussione, aumentando, così, l'appartenenza a un progetto comune.
    È, in sostanza, indispensabile che tutti i membri del gruppo si sentano responsabili della riuscita di ciò che stanno facendo. Se il gruppo è inserito in una istituzione (scuola, fabbrica, servizi socio-sanitari), bisogna ricordare che risente del clima generale. Per esempio, in una istituzione gestita attraverso un utilizzo centralizzato del potere, che limita le potenzialità creative e operative dei soggetti, anche il funzionamento dei piccoli gruppi lascerà a desiderare, perché i partecipanti si sentiranno deresponsabilizzati rispetto all'effettiva riuscita del progetto istituzionale. In una situazione simile a quella descritta non è sufficiente utilizzare strategie per migliorare il funzionamento del piccolo gruppo, ma e indispensabile promuovere un intervento di cambiamento organizzativo.
    Come si vede, i punti sommariamente elencati non attengono strettamente alla fase organizzativa, ma riguardano i comportamenti del coordinatore all'interno del gruppo, che vanno necessariamente pensati in una fase di progettazione e che constituiscono i presupposti perché il gruppo funzioni.


    2. LA GESTIONE OPERATIVA DEL PICCOLO GRUPPO
    Alcuni suggerimenti, infine, circa le modalità con le quali il coordinatore può accrescere l'efficacia di una riunione di piccolo gruppo, nel momento in cui il gruppo e riunito.

    2.1. LE FUNZIONI DEL COORDINATORE
    Il coordinatore, sia esso incaricato a fare ciò da un'istituzione, sia esso eletto dal gruppo, deve tener presenti una serie di compiti e di modalità operative che sono funzionali a favorire il raggiungimento di un soddisfacente livello di efficacia ed efficienza del gruppo. Di seguito, un sintetico elenco di tali funzioni:

    • precisare lo scopo del lavoro del gruppo,
    • precisare i tempi in cui si deve svolgere il lavoro e farli rispettare,
    • chiedere ai partecipanti se hanno da aggiungere dei punti all'odg,
    • ricordare al gruppo che e necessario che uno dei partecipanti verbalizzi la riunione,
    • facilitare con domande o suggerimenti gli scambi di opinione,
    • evitare di esprimersi per primo sul problema in discussione in modo da non influenzare gli altri,
    • controllare i propri messaggi non verbali, cioè evitare di annuire quando parla qualcuno che esprime idee in accordo con le proprie ecc.,
    • dare ai diversi punti di vista un'eguale opportunità di essere esaminati e valutati dal gruppo,
    • considerare le minoranze come risorse e spingere il gruppo a prenderle in considerazione come tali,
    • mantenere l'ordine nella discussione,
    • richiamare il gruppo al compito prefissato,
    • fare ogni tanto il punto di ciò che viene detto e fatto,
    • garantire a tutti i partecipanti la possibilità di intervenire,
    • favorire nel gruppo l'instaurarsi di un clima che permetta l'ascolto reciproco,
    • aiutare il gruppo a chiarire gli interventi confusi,
    • favorire nel gruppo la presa di consapevolezza di posizioni in contrasto fra loro e che non vengono espresse chiaramente,
    • fare in modo che, in generale, tutti i ruoli presenti nel gruppo, e in particolare la leadership, non si cristallizzino ma siano sempre funzionali,
    • spingere il gruppo in riunioni di carattere organizzativo a fare un'analisi delle risorse e ad attribuire i compiti ai vari membri,
    • fare prendere decisioni al gruppo con calma, non in modo affrettato: piuttosto che prendere una decisione frettolosa e poco ponderata e meglio aggiornare il problema,
    • interpretare i ritardi abituali come sintomo di disfunzione del gruppo o dell'organizzazione,
    • prima che il gruppo si sciolga, fare una sintesi della riunione e procedere insieme agli altri componenti a una valutazione del lavoro svolto, eventualmente utilizzando strumenti di evaluation.

    2.2. ALCUNI TIPI DI INTERVENTO DA UTILIZZARE
    Nella gestione di un gruppo, il coordinatore, per adempiere correttamente alle sue funzioni, deve essere in grado di scegliere il tipo di intervento da fare, calibrandolo sulle varie situazioni.
    Vengono elencati i più comuni tipi di intervento per facilitare sia l'individuazione che l'utilizzazione.

  • Intervento chiarificatore

  • come dice il nome, serve per chiarire i concetti espressi o la connessione fra i vari contributi. Spesso nei gruppi si creano dei momenti di confusione generati o dalla scarsa comprensione del compito o dall'uso di parole, o concetti, che non ricoprono per tutti lo stesso significato: in questi casi, e in altri simili, è utile che il coordinatore espliciti la situazione e chiarisca i dubbi.
  • Intervento esortativo

  • ha lo scopo di aumentare il livello di investimento dei partecipanti al gruppo in relazione agli obiettivi prefissati. Quando, per esempio, il gruppo attraversa una fase di empasse, il coordinatore può stimolarlo a prendersi in carico il problema, facendo notare come il gruppo, al suo interno, abbia a disposizione le risorse necessarie per fare ciò.
  • Intervento provocatorio

  • rientra nella categoria degli interventi di stimolo e si connota non tanto per il contenuto, quando per la modalità di intervento. Deve essere utilizzato quando il coordinatore valuta che il gruppo si sia cristallizzato su alcuni comportamenti, o atteggiamenti, disfunzionali che non possono essere superati con nessuna altra modalità di intervento. È caratterizzato dall'uso sia verbale che mimmico/gestuale del paradosso e del'ironia, oppure dal completo silenzio in risposta a domande.
  • Intervento sdrammatizzante

  • la "battuta spiritosa" è funzionale ad alleggerire una situazione di estrema tensione che sta degenerando sul "tragico" senza che vi siano reali motivi.