1. Cosa sono
Va detto innanzi tutto che si tratta di un'invenzione
dell'ARIPS, o meglio dei suoi operatori per
risolvere un problema di tipo tecnico.E' necessario
un breve "inquadramento storico". Secondo
le teorie della formazione in generale e più
specificatamente quelle psicosociologiche si può
parlare di formazione soltanto quando si interviene
nell'area del "saper essere", cioè
quando si agisce per un aumento della consapevolezza;
una modificazione degli atteggiamenti e dei conseguenti
comportamenti; uno sviluppo ed un'evoluzione della
personalità. Certamente, come si è già
detto in altre parti di questo volume, aumentare il
livello di informazioni e di competenze tecniche non
e del tutto ininfluente sulla crescita complessiva
ne a livello individuale, ne a livello di gruppo,
ne infine nel contesto di una comunità. Ma
la risonanza è limitata soprattutto se si opera
secondo comparti separati lasciando la sintesi finale
ad ogni singolo individuo. Per noi all'ARIPS il metodo
ed il processo didattici sono sempre stati considerati
parte essenziale dell'apprendimento e quindi anche
la "sintesi magica", il momento della connessione
fra i diversi elementi dell'apprendimento, sono momenti
degni di attenzione per i formatori. Questa riflessione
ha assunto ancora maggior significato quando abbiamo
iniziato a lavorare alla progettazione dei nostri
iter formativi, che volevano divenissero un simbolo
rispetto alle strategie per il futuro del nostro Istituto.In
particolare la nostra impostazione che ci portava
a considerare il gruppo come snodo essenziale per
le attività formative trovo un ostacolo significativo
di fronte alla necessita di gestire in termini formativi
una situazione di lavoro. I nostri obiettivi erano
quelli di insegnare a lavorare in équipe e
di ottimizzare l'uso delle risorse ed il raggiungimento
di gratificanti risultati operativi. Ma il gruppo
viveva in realtà la situazione su due piani
differenti e distanziati fra loro. Un piano era rappresentato
dalle procedure tecniche ed organizzative che erano
congruenti con la realizzazione del compito che era
stato assegnato al gruppo. Il secondo piano era prodotto
dalle relazioni interpersonali e di gruppo che si
stabilivano fra i presenti durante il lavoro, e che
influenzavano quest'ultimo spesso fino a produrre
situazioni precarie in rapporto all'efficienza ed
alla produttività dell'équipe. I due
piani, interdipendenti fra loro, non erano tipici
soltanto di contesti formativi come quello esemplificato,
ma anche della quotidianità professionale dei
consulenti alle organizzazioni, per fare un esempio.
Se poi la situazione formativa veniva estesa alla
concreta attività operativa di un gruppo su
un territorio, si poteva notare un'attribuzione di
responsabilità in merito alla produzione del
gruppo di lavoro addossata in particolare al coordinatore-gestore
del gruppo stesso.Ci parve perciò necessario
individuare uno strumento di intervento che fosse
in grado di mantenere le peculiarità caratteristiche
del setting formativo, ma che insieme consentisse
di essere produttivi rispetto al compito, proponendo
un modello di intervento esportabile anche nella realtà
di tutti i giorni. Nacque cosi il gruppo auto-eterocentrato
con la relativa tecnica di intervento: in pratica
si tratta di incontri di un gruppo di lavoro, quindi
focalizzato su un compito da portare a termine, nel
quale l'attenzione si concentra anche sui suoi processi
di sviluppo, soprattutto nei casi in cui essi sono
di rallentamento o di impedimento alla sua produttività.
2. La procedura tecnica
Va fatta un'ulteriore precisazione prima di esplicitare
le diverse fasi di applicazione della tecnica: si tratta
di una modalità didattica particolarmente adatta
ad un intervento di secondo livello, cioè utilizzabile
in particolare in contesti formativi. Quindi con operatori
che a loro volta si troveranno a gestire gruppi di lavoro
nei quali è loro responsabilità l'esecuzione
del compito; essi dovranno essere in grado di aiutare
il gruppo qualsiasi cosa gli accada nel raggiungimento
dei suoi scopi. Ne consegue che la loro sensibilità
rispetto ai problemi che coinvolgono il gruppo gli offre
più chances per l'individuazione di strategie operative
adeguate alle necessita.Quindi il gruppo in cui si applicano
le unita auto-eterocentrate ha due principali obiettivi:
imparare a lavorare in gruppo; imparare ad individuare
i processi di gruppo che ostacolano lo svolgimento del
compito. Il metodo d'intervento per ottimizzare i risultati
è derivato dall'action-learning che si fonda sul
principio "dell'imparare facendo"; in altre
parole si ritiene che realizzare concretamente un'attività
operativa consenta al gruppo di apprendere le procedure
e le sequenze corrette per ottenere buoni risultati. Cosi
al gruppo in formazione si propone di realizzare un'attività
collegata al suo specifico "territorio" di azione.
Si può ovviamente scegliere fra un tipo di attività
molto semplice e contenuta, di cui si chiede solo l'elaborazione
a livello astratto; fino ad arrivare alla realizzazione
effettiva di un evento per il quale occorre predisporre
una serie di elementi. Un esempio del primo caso può
essere la stesura di un progetto di massima di contenuto
connesso al campo operativo dei partecipanti. Il secondo
caso può avere come punto di partenza la situazione
precedente, e richiedere la realizzazione effettiva dell'evento
ipotizzato. In entrambe le situazioni, comunque,
i partecipanti si troveranno a dover fare i conti con
continue situazioni decisorie che avranno come oggetto
dagli argomenti più futili a quelli più
significativi per il risultato dell'impresa. Decidere
è una delle operazioni più difficili per
un gruppo, soprattutto se esso non si e effettivamente
costituito. Ovviamente e difficile se si vogliono tener
presenti alcune condizioni che consentano una reale elaborazione
collettiva e lo è maggiormente se il gruppo non
ha avuto il tempo per costituirsi ed i suoi membri non
vivono un senso di appartenenza ad esso. Creare relazioni
e rapporti fra persone quasi sconosciute ed insieme lavorare
per produrre qualcosa, non e semplice; ed anche se il
gruppo è "family", cioè ha una
consuetudine di vita accertata, non è detto che
tutto funzioni fluidamente.In termini formativi occorre
lavorare su due livelli: quello dei processi di gruppo
e quello dell'organizzazione del lavoro, fra l'altro facendo
grande attenzione a non influenzare pesantemente il contenuto
dell'attività. In un primo tempo di questa esperienza
all'ARIPS abbiamo utilizzato due conduttori con i ruoli
diversificati e "puliti": un conduttore era
focalizzato sui processi e sui fenomeni gruppali, mentre
l'altro era teso a realizzare il compito nel modo migliore.
In termini di apprendimento era una formula certamente
molto funzionale, ma in termini di costi era un po' eccessiva
sia dal punto di vista strettamente economico, sia da
quello delle risorse. Cosi siamo passati al conduttore
unico, che utilizza a seconda delle necessità l'uno
o l'altro piano di intervento orientandosi sul seguente
principio: è sua responsabilità aiutare
il gruppo a raggiungere il suo obiettivo (la realizzazione
del compito che gli è stato assegnato); se tutto
va bene la sua concentrazione è su questo piano
e solo se ci sono impedimenti ed intoppi è suo
dovere "bloccare il gruppo" e costringerlo a
risolvere fin dove è possibile i problemi relazionali
ed interpersonali che sono il vero elemento frenante l'attività
del gruppo. Il tempo che il conduttore utilizza per la
risoluzione di queste situazioni è da lui stesso
determinato tenendo presente il suo imprescindibile dovere
che è la realizzazione del compito. E' sua responsabilità
stabilire, oltre al tempo da dedicare, anche le modalità
con cui affrontare l'ostacolo e le conseguenti strategie
per recuperare l'aspetto operativo.Nonostante il conduttore
sia uno, la differenza nei tipi di intervento è
evidente anche al partecipante neofita. Infatti quando
il conduttore interviene sul piano "etero" (cioè
del risultato e dell'efficienza) suggerisce procedure
di lavoro e modalità tecniche (di progettazione,
di organizzazione, di tipo creativo, ecc.) che sono funzionali
a facilitare lo svolgimento del compito. Quando invece
interviene sulle dinamiche e sui processi di gruppo il
suo discorso è più oscuro, interpretativo,
possibilista, indagante rispetto alla situazione che si
è creata. In altre parole, se si parla di organizzazione
del lavoro si esprime come esperto del settore e di organizzazione;
se invece è il gruppo ad essere oggetto della sua
attenzione, la richiesta di riflessione e di un contributo
ai partecipanti e molto più pressante e significativa,
proprio perchè la soluzione dei problemi dipende
dall'espressione dei propri vissuti e dalla presa di coscienza
delle situazioni.In pratica il conduttore di unità
di lavoro auto-eterocentrato può intervenire a
seconda delle necessità sui seguenti temi:
relativamente
al compito
|
relativamente
al processo
|
esplicitazione
del compito
esplicitazione delle modalità di lavoro
tecniche
di divisione dei compiti tecniche decisorie
scansione
dei tempi operativi
funzioni operative
utilizzo
delle risorse/bisogni
|
di gruppo
tutte le dinamiche ed i processi
livello
emozioni/clima indiv. e di gruppo di partecipazione
norme implicite
del gruppo
conflitti
latenti
strutture
di potere e influenzamento
“mantenimento”
del gruppo
appartenenza
al gruppo
|
3. Cosa stimola
La tecnica delle unita auto-eterocentrate vuole innanzi
tutto veicolare e rendere evidente lo stretto legame
esistente fra l'efficienza di un gruppo e la sua situazione
"psicologica".L'interdipendenza fra questi
due elementi era gia stata messa in luce dagli studi
di E, Mayo presso la General Electric. Non si tratta
quindi di una novità. Ciò che qui e innovativo
consiste nel fatto che questo apprendimento non e conseguenza
di un intervento su una situazione problematica eclatante,
bensì è un dato informativo che si apprende
in fase di formazione. E non solo. Infatti il secondo
obiettivo di questo tipo di interventi è lo sviluppo
di una particolare sensibilità rispetto a queste
situazioni, tale da rendere in grado di percepirle ed
evidenziarle autonomamente in una situazione concreta.
Si è detto che questo tipo di formazione ha come
finalità generale quella di migliorare le capacità
di lavoro di un partecipante in un gruppo. Di conseguenza
si lavora per aumentare la capacità di osservazione
e di percezione rispetto a quanto accade nel gruppo.
Inoltre si tende ad aumentare la capacità di
reazione alle situazioni che diventano maggiormente
consapevoli sia a livello individuale, sia di gruppo.
L'espressione dei propri sentimenti soprattutto quando
essi provocano disagio ed insofferenza è un'altra
capacità che si cerca di sperimentare durante
questo tipo di formazione perchè sia successivamente
esportabile in altri contesti.Sul versante più
operativo, le unità auto-eterocentrate servono
a conoscere, sperimentare, saper utilizzare una sequenza
di lavoro che tende ad ottimizzare il rapporto fra costi
e benefici. Non si tratta di fredde scansioni derivanti
da un'organizzazione tayloristica del lavoro, ma di
itinerari che tengono in gran conto il "fattore
umano" cercando di valorizzarlo pur non tralasciando
l'importanza dello svolgimento di un compito.D'altra
parte uno dei motivi che stimolano la nascita dei gruppi
e proprio la realizzazione di un non meglio identificato
prodotto che può essere diverso in termini di
concretezza, ma che sempre rappresenta la traduzione
di una finalità ideale in un'azione osservabile.
"Nessuna strada ha mai condotto
nessuna carovana fino a raggiungere
il suo miraggio,
ma solo i miraggi hanno
messo in moto le carovane."
Henry
Desroche
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